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Con pazienza, tenacia e consapevole disinteresse Filippo di Sambuy dà forma da oltre un quindicennio a una propria visione del mondo, proponendosi di attraversare e ricomporre i punti strategici di un potere non solo temporale, ma spirituale. Sabaudia e il suo modello di città nuova (1999), il Castello di Stupinigi simbolo di un nuovo stato (2001), Castel del Monte tempio di un nuovo potere spirituale e temporale insieme (2005), sono state tappe fondamentali del suo percorso. L’assidua riprogettazione di architetture e luoghi ideali tesa a ricostruire i cardini che hanno incanalato ambizioni e speranze, sogni non solo imperiali, ma di popoli interi e, per secoli, di culture approda ora nella punta di Ortigia con una mostra di progetti rivolti a Castel Maniace, splendido baluardo dell’epoca federiciana in Sicilia di cui è ancora in corso il restauro. È soprattutto alla sua pavimentazione, ricoperta oggi da una gittata di cemento che si rivolge l’attenzione dell’artista. Aldo Taranto nel bel testo che accompagna il progetto sottolinea ” il pittore ci sospinge dentro la sostanza stessa della visione. Il passato non sta dietro di noi, ma sotto i nostri piedi”. Una delle maggiori imprese di Filippo di Sambuy sono, infatti, i mosaici pavimentali, un modo di catturare lo spettatore dentro l’opera e di rivelargli a mano a mano quanto il suo stesso vagare alla scoperta del disegno racchiuso dentro i molteplici ciottoli di marmo distesi sotto ai suoi piedi, debba dischiudergli la via verso se stesso, oltre che verso la comprensione di un’intenzione che lo include, già a priori, in una finalità data, che dovrà a poco a poco decifrare.
Dunque, oltre ai delicati disegni raccolti su una parete, nella condizione d’impermanenza che appartiene intenzionalmente alla freschezza di gesti quotidiani, invece che a quelli definitivi di una mostra, la parte maggiore dell’evento è presa da mosaici che illustrano, in scala ridotta, tre splendidi progetti pavimentali: Sguardo, Spirituale, Fenice, dove nei colori del rosso, del nero e del bianco, i caratteri arabi delle parole s’intrecciano in spirali geroglifiche di grande eleganza con emblemi dello stesso artista come la Croce/Spada di Santiago di Compostela, insegna del pellegrinaggio e del cammino spirituale che lo accompagna da anni. I simboli incarnano l’energia di poteri mai completamente sopiti, al cui risveglio, poiché ogni simbolo esprime un segno ‘vivente’, contribuisce la nostra fede nel loro valore.
![Filippo di Sambuy, Ritratto dell'Imperatore, 2010, con Installazione a mosaico della Croce di Santiago, 2015](https://www.exibart.com/foto/96853.jpg)
Lo sguardo che si posa con amore e intenzione è in grado di vivificare forme anche a lungo abbandonate, perché la sostanza degli archetipi è eterna e immutabile ed è destinata a riaffiorare sempre, anche attraverso le variabili dell’esistenza. Filippo di Sambuy con il proprio sguardo attraversa il tempo e raggiunge le sostanze immutabili capaci di ricollegare le energie invisibili e di condensarle al di là dei segmenti storici che vorrebbero tenerle prigioniere. Come nel magnifico ritratto in absentia di Federico II, i cui occhi guardano attraverso una raggiera di linee, dove è possibile leggere una sorta di controfigura o autoritratto dello stesso artista, contro il quale, come una freccia del tempo, punta la Spada di Santiago, radente la terra e fitta di scaglie di marmo.
Su queste due temporalità alternate, l’istante che come un lampo attraversa tempo e spazio e lo scorrere lento, volto a integrare e temperare l’azione di cause e di corpi – così ben esplicitata nell’azione di calpestare i ciottoli del mosaico (una sorta di macina del tempo) – si regge gran parte del lavoro dell’artista.
Invece che nei luoghi consacrati al commercio dell’arte, l’avventura di Filippo di Sambuy si è svolta in territori, oltre il tempo, ancora pervasi da energie misteriose a cui come artista, ha prestato ascolto, cercando di ridar loro pregio e dignità con un’attenta ricerca. Federico II di Svevia è per lui una figura cruciale, quella dell’unificazione e integrazione tra culture diverse, tra Occidente e Oriente, di cui oggi sentiamo sempre più l’urgenza.
Castel Maniace rappresenta un naturale prolungamento di Castel del Monte, che si manifesta già nel raddoppiamento della pianta e nella sua rotazione sull’asse di 45°, che lo inoltra sempre più verso quell’Oriente di cui Filippo di Sambuy assicura che “immancabilmente torna, per ridarci misura, ridarci lo zero e l’unità”.
Giovanna dalla Chiesa
Dal 26 settembre al 18 ottobre 2015
Filippo di Sambuy, Il progetto Ideale
Not’Art Galleria
Piazza San Giuseppe 31 (96100), Siracusa
+39 093122049, +39 0931462978
Orari: Martedì, Mercoledì, Giovedì e Venerdì: 17:30 – 20:00
Sabato: 18:00 – 20:30
Domenica: 11:00 – 13:00 / 18:00 – 20:30
Info: http://www.notart.it