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Un’inedita Nan Goldin per una mostra che tira le fila del suo percorso, proponendo una prima storicizzazione di opere ancora sconosciute e realizzate ai margini della sua carriera. Le origini della sua fotografia sono presentate in accostamento a disegni creati negli ultimi anni e non noti al pubblico, in un progetto espositivo che crea un insieme organico.
Nei circa 40 scatti esposti, realizzati nella città di Boston tra 1970 e 1974 e scovati recentemente negli archivi personali di New York, sono presenti l’istinto alla cronaca diaristica e l’immersione emotiva nelle profondità delle subculture, in questo caso quella del travestitismo, caratteri tipici di tutta la sua ricerca artistica e che inondavano il suo primo successo Ballads of sexual dependency.
La curiosità verso gli aspetti più nascosti e inusuali del mondo pervade le immagini, specchi indagatori per i timidi narcisi che costellano l’epoca contemporanea. I volti e gli sguardi folgoranti sono tratti essenziali da cui si sviluppa il resto, che sia l’abito eccentrico, il trucco eccessivo o la posa ricercata, elementi che a loro volta obbligano lo spettatore ad accettare il dialogo. L’elemento bizzarro e vistoso del club notturno è presente ma sopito, domina invece la sete di conoscenza delle anime senza riposo ritratte da Nan. Fotografie rare, stampate dall’artista stessa in bianco e nero e a colori, di piccole dimensioni e di stampo intimo, di cui esistono poche copie e che sono testimonianze di una produzione sempre a metà tra la costruzione di una coerenza narrativa e la realizzazione casuale e d’occasione.
Goldin colleziona la vita nei suoi dettagli più significativi, nel senso che scandisce il passare del tempo. Dal viaggio alla propria casa, attraverso un oscuro spettro di colori, il suo segno s’increspa nella definizione del proprio io. I disegni testimoniano un rapporto intimo con l’arte quale mezzo per la creazione della propria figura, che appare e ritorna in ogni immagine in cui il senso dell’esistenza si esprime nella tenerezza delle propria fragilità e nell’isterismo cui lo sguardo sul sé conduce. Un immaginario privato ed estremamente intimo, esposto per la prima volta al pubblico, che rispecchia la riflessione di Goldin sul mondo e appare espressione dello sfogo della disperazione e della follia di una gioia immaginata. I tratti veloci e imprecisi compongo immagini disturbanti, talvolta troppo personali e spesso di carattere pseudo-adolescenziale, rivelando la difficoltà del guardare a se stessi senza provare repulsione. Raccontano la storia di uno sguardo che ogni giorno si rinnova nel rinnegare l’esistenza di una stabilità per sé. I 28 disegni sono frammenti della vita di Nan che si rivela così di fronte alle vite degli altri, anelate nel privato e gelosamente custodite negli scatti che raccontano momenti rubati. Disegno e fotografia appaiono così speculari e opposte, In weiter Ferne, so nah!
La fragilità della propria figura invade l’insanguinata decapitazione disegnata con furia alle cinque del mattino, ripetendo il senso di perdita del sé che la vede annegare nell’oceano notturno dell’ultimo giorno dell’anno. Prive di qualsiasi slancio escatologico, le piccole e violente narrazioni tratteggiano timidamente l’esperire di un mondo abitato da personali ossessioni, abbandonandosi alla percezione di una realtà scollegata dal tutto. Mentre il mondo prosegue la sua rotazione notturna, Goldin è l’unica sentinella che registra i turbamenti del suo animo.
I disegni sono accompagnati da brevi e amare annotazioni atte a dar voce a un pensiero non riducibile esclusivamente all’immagine. Nel richiamo al caos del mondo come suono primordiale e fonte di un dialogo interiore intrecciato con il se stesso che vede, sente, immagina e tenta di riassumere la pluralità del mondo in un’unica immagine, ricercando una compiutezza innaturale per dare fine ad una complessità, datarla, denominarla, definirla e allontanarla da sé. Fatti nella notte, al buio di una lampada, sdraiati su un letto o in piedi contro un muro. Un appunto di uno stato d’animo, tra quelli che vanno e quelli che restano. Uno spunto che ricopia il naso di un estraneo e lo appoggia al proprio volto, nel vortice di una vita indefinibile che per l’io è sempre e solamente priva di sosta. Le città si susseguono, gli orari ritornano e le frasi si alternano nel rebus della vita di Nan Goldin.
Alessandra Franetovich
mostra visitata il 23 settembre
Dal 2 luglio al 24 ottobre 2015
Nan Goldin
Guido Costa Projects
Via Mazzini 24, Torino
Orario: dal lunedì al sabato, 15.00 – 19.00
Info: info@guidocostaprojects.com www.guidocostaprojects.com