03 novembre 2015

L’ingresso ai musei si deve pagare!

 
Dalle pagine del Guardian un punto di vista che è una piccola lezione di civiltà, anche se scomoda. Perché dice che i musei si devono pagare, come tutte le altre “attività ricreative”. E se in Italia già siamo abituati, nel Regno Unito non è cosa

di

Jonathan Jones, penna acuta del Guardian, pizzica ancora. Stavolta su una questione scottante per quanto riguarda i musei inglesi, chiamata “biglietto d’ingresso”. Già, perché nel Regno Unito l’economia generale fa soldi sfruttando la mastodontica offerta delle grandi istituzioni dell’arte, che sono però vittime dei tagli e che, secondo il giornalista, continuando con questo andazzo sono destinati a finire nel baratro.
Voi direte che sono “coperti” dai privati, certo, ma anche i privati (leggi BP, Hyunday o Shell), per gli inglesi non vanno bene, a causa delle inclinazioni aziendali poco etiche, di inquinamento e sfruttamento. Dunque, la verità, è che la gente vorrebbe continuare a vedere l’arte gratuitamente ma accetta passivamente di pagare il cinema, il bowling o i concerti. E che differenza fa, se la si butta sul piano dell’entertainment? Nessuna, se non per i musei che diventano sempre più poveri.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la proposta del British di istituire un costo d’ingresso per i gruppi che vogliono visitare le sale: tutti scandalizzati. Come se nessuno si fosse mai accorto che vedere un museo in presenza di gruppi organizzati è una delle più tragiche ipotesi dell’amante dell’arte.
«La realtà è che i nostri superbi musei stanno finendo in un abisso finanziario. Mi piacerebbe che restassero gratis, ma un costo d’ingresso è ora il modo più razionale per proteggerli. Non credo che la Francia e la Spagna siano meno colti o responsabili della Gran Bretagna solo perché fanno pagare le persone per visitare i loro musei: solo in Gran Bretagna che è considerata sbagliata questa abitudine. I turisti dovrebbero dare i soldi al British Museum, e così dovremmo fare tutti noi», scrive Jones. Smettetela di scandalizzarvi, insomma, che non tutta la bigliettazione viene per nuocere. E non è perché statue e quadri non si muovono come calciatori o macchine da presa che i costi di produzione sono minori, o addirittura assenti. Questo è il punto, valido per ogni museo del mondo. (MB)

2 Commenti

  1. Lezione di civiltà? a me pare mancanza di memoria e fraintendimento delle intenzioni.. allora… una volta si pagavano i biglietti e c’era un giorno gratuito poi in questo ultimo decennio a Londra si è fatta una politica molto dinamica sul turismo, convertire la città da piazza industriale a luogo di turismo, e mi pare che ci siano riusciti molto bene.. qualcuno se la ricorda una ventina di anni fà Londra??? se poi far pagare il biglietto può essere un modo per sostenere i musei.. perché no (anche se in realtà a sostenere i musei c’è la lotteria nazionale da cui sono stati dirottati e usati egregiamente i fondi…)

  2. Sbagliato, l’arte e la cultura non sono “entertainment”, sono tesoro dell’umanità intera. A parte che esiste un ministero dei beni culturali apposta, che dovrebbe prendersene cura, e la gente paga le tasse anche per questo. Se lo stato continua a pagare le strutture e i dipendenti statali, allora deve pagare pure i professionisti di settore che si prendono cura dei beni culturali ed i musei.

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