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Un bambino seduto su una sedia, sotto ad una colonna con un busto romano. L’espressione vivace ma attonita, sembra guardare con intensità l’obiettivo della macchina fotografica, come se conoscesse bene chi scatta il suo ritratto, nel lontano 1965. Il bambino si chiama Alessandro, ed è italo americano, e suo padre è Cy Twombly, uno dei più importanti artisti della seconda metà del Novecento: è arrivato da poco a Roma, ha sposato Tatiana Franchetti ed ha avuto il piccolo Alessandro, immortalato in un rigoroso bianco e nero, ammorbidito dalla luce che inonda la casa in via Monserrato, nel cuore della città eterna.
Twombly è un pittore, ma ha sempre scattato fotografie, dall’estate del 1951 al Black Mountain College nel Nord Carolina fino al mese prima della sua scomparsa, nel 2011. Una passione intima e privata, conosciuta solo dalla ristretta cerchia di affetti che circondava un artista notoriamente schivo e solitario fino al 1993, quando la sua produzione fotografica è stata progressivamente svelata grazie ad alcune mostre a New York, Londra e Gaeta, fino ad arrivare al primo appuntamento romano. Parliamo della mostra “Cy Twombly, Photographer”, curata da Peter Benson Miller all’American Academy, che riunisce una quarantina di immagini, dai primi scatti in bianco e nero fino ad un colore soffuso ed evanescente, che sembra quasi illustrare reverie personali che presenze reali ed oggettive.
Cosa colpisce lo sguardo di Twombly, tanto da indurlo a scattare una fotografia o una polaroid? «Egli usa la fotografia come uno schizzo, un memo, non per documentare le cose ma piuttosto stati d’animo e esperienze sensoriali» sottolinea giustamente il curatore. L’artista è colpito dal frammento, dal dettaglio piuttosto che dal paesaggio o dall’insieme, per mettere in evidenza un’atemporalità silenziosa e metafisica, che suggerisce infiniti rimandi alla storia dell’arte classica. Penso alla serie Table, Chair and Cloth, scattati a Tetouan nel 1951, che mi hanno ricordato per il loro poetico e preciso rigore gli studi di panneggio di Leonardo da Vinci, o al ritratto di Betty di Robilant, scattato a Grottaferrata nel 1957: i suoi tratti affilati ricordano i profili delle dame fiorentine di Piero di Cosimo, o la sospesa ambiguità delle donne immortalate da Dante Gabriel Rossetti.
La precisione del bianco nero si stempera nelle opere a colori, che assumono l’aspetto distante e rarefatto di ricordi personali, sottolineato anche dalla scelta di una gamma di soggetti che va dalla banalità del quotidiano – un pesce morto sulla spiaggia (Fish, 2004), due zucchini in un cestino di paglia (Zucchini, 1997), tre cavoli (Cabbages,1998) – ad intime incursioni nell’arte come in Painting Detail and “By the Ionian Sea” Sculpture (1992), Detail of Pan (1980) o Detail of Wooton painting (1971). «Le fotografie di Twombly ci presentano frammenti, esperienze sensibili ed evanescenti, insieme alla mutevolezza della natura e all’inevitabilità della morte» aggiunge il curatore, che nel suo saggio in catalogo analizza con dovizia di dettagli e riferimenti la qualità e il valore dell’attività fotografica dell’artista americano: uno sguardo capace di rendere in maniera perfetta lo splendore e la decadenza del nostro paese, con la stessa sensibilità della regia di Luchino Visconti o della scrittura di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Ludovico Pratesi
mostra visitata il 7 ottobre
Dal 03 ottobre al 22 novembre 2015
Cy Twombly Photographer
American Academy in Rome
Via Angela Masina 5, 00153 Roma
Orari: dal venerdì alla domenica dalle 16:00 alle 19:00
Info: http://www.aarome.org/