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The Gallery Apart è diventata uno spogliatoio, almeno per la durata della mostra di Dominik Lang.
A dirci subito come stanno le cose è il mucchietto di vestiti che ci accoglie a fianco dell’ingresso, Absent Author, i vestiti che l’artista ha smesso alla fine dell’allestimento (narra la leggenda che abbia anche fatto un giro per la galleria nudo, di notte, infestando lo spazio come un fantasma). Un poco più in là un gruppo di giacche vuote, appese, evocativamente intitolato Group Whisper: a un primo sguardo sembrerebbe la solita boltanskata – diciamolo, dopo la mostra di Boltanski all’Hangar Bicocca di qualche anno fa, è rimasto ben poco da dire in tema di vestiti vuoti, usati – ma si capisce presto che Lang non vuole solo parlarci di assenza, di memoria evocata.
Ce ne accorgiamo osservando le statue e statuette che popolano l’ambiente superiore della galleria. La stessa statua che abbiamo visto al padiglione ceco e slovacco della 54a Biennale di Venezia (da lui allestito nel 2011 con The Sleeping City), viene da un lato proposta in due varianti, entrambe rivolte verso il muro, l’una bianca e l’altra nera; dall’altro decostruita in una sequenza di 9 variazioni, immaginata nell’atto di vestirsi o svestirsi. L’artista la taglia, la rompe, ne forza i movimenti articolari, come se fosse un manichino, in alcune posizioni tipiche del corpo che si veste e si veste, ottenendo una sorta di stop motion immobile e surreale.
La statua originale, insieme a molti dei materiali scultorei utilizzati da Lang, non sono altro che le opere del padre dell’artista, lo scultore Jirí Lang, nel cui studio Dominik aveva vissuto sin dalla infanzia.
Al piano inferiore della galleria – ove la presenza dell’artista ci accompagna in forma di calchi della sua mano lungo il corrimano della scala – si cambia leggermente registro, ma resta forte l’impressione che l’artista voglia rievocare la memoria emozionale di un proprio passato familiare e domestico: incontriamo altre tre figure, forse due adulti e un bimbo, la cui presenza/assenza è suggerita da tre pile di abiti, ordinatamente riposte sui ripiani di un vecchio armadio, e in un angolo due sommarie figure antropomorfe, fatte di abiti, legno e metallo, forse un bambino e un adulto. Intorno riferimenti alla scultura, e quindi ancora al mondo paterno, evocato anche nei disegni del padre su cui Dominik è intervenuto con collage di stoffe.
Ecco dunque che il progetto dell’artista ceco si potrebbe interpretare come una rilettura, decostruzione e ricostruzione del proprio passato, come un dialogo tra lui e il padre oramai possibile soltanto attraverso l’arte. Che ovviamente potrebbe anche leggersi come il dialogo tra identità passate e presenti di quella nazione che un tempo corrispondeva al nome di Cecoslovacchia, strapazzata e ferita dalla spietatezza della Storia.
Mario Finazzi
mostra visitata il 10 ottobre
Dal 10 ottobre al 5 dicembre 2015
Dominik Lang, Naked Figures, Dressed Figurines
The Gallery Apart
Via Francesco Negri, 43, Roma
Orari: da martedì a sabato dalle 15:00 alle 19:00
Info: info@thegalleryapart.it