01 marzo 2016

Tra reale e reality

 
Da Steve Jobs a Mark Zuckerberg ancora una volta la tecnologia è sul banco degli imputati, con prospettive decisamente differenti. Da quale parte guardare, o chattare?

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Siamo invasi: di realtà aumentata, dispositivi elettronici, intelligenti, mostre potenziate, visioni ampliate, realtà surrogate. Poi c’è Mark Zuckerberg, che ormai più che un giovane nerd sta assumendo sempre di più i tratti di un santone alla conquista del mondo, e che parla di cifre a decine di zeri per aumentare, sempre di più, la community virtuale. E che la spara grossa, ma decisamente non troppo lontana da dove “cadono” i fatti quotidiani: dice che tra qualche tempo parleremo solo attraverso chat. Già i risultati si vedono, e il servizio di “facetime”, ovvero la vecchia video chiamata potenziata dalla potenza dello smartphone, è un bello specchio sociale che racconta di tanti poveri cristi in giro per le nostre città che anziché affacciarsi al mondo e guardare dove camminano si confrontano con l’interlocutore oltre lo schermo.
Zuckerberg, insomma, ci profila un futuro profilo di automi, per il suo fantasmagorico tornaconto. 
Poi, nelle stesse ore, salta fuori una vecchia intervista di Steve Jobs, il creatore della realtà della comunicazione come la conosciamo oggi, che affermava nel 2010 di permettere l’utilizzo della tecnologia da lui ideata ai propri figli: in casa, si legge, avevano solo libri. E non Ebook, ma quelli con le pagine che prendono polvere e ingialliscono. 
Che strana storia: ci si mette in guardia dalle proprie creature, consapevoli di aver creato le possibilità per rendere Frankenstein l’umano o viceversa? 
Anche Chris Anderson, ex direttore di Wired e ora amministratore delegato di 3D Robotics ha dichiarato che non vuole che la tecnologia faccia ai suoi figli quello che ha operato su di lui. Ancora una volta vale il proverbio “impara l’arte e mettila da parte”?
Ma è impossibile, oggi, in barba al povero Jobs, pensare di “limitare” i danni dell’assuefazione da dispositivo mobile, e siamo assolutamente sicuri che – tra non molto – i danni reali si vedranno nella loro totalità e non solo nell’ipotesi di reato. Siamo catastrofisti? Beh, fondamentalmente potete avere già qui lo specchietto su cui orientarvi: dare retta a un genio assoluto o aiutare nella crescita un ex bambinone che, seppur intelligentissimo, si guarda bene dal mettere in guardia i suoi adepti dalla rovina? (MB)

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