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Arte e poesia. Un museo per Edoardo Sanguineti?
Personaggi
di davide olivieri
Discorsi sul concetto di “museo per il letterato” con uno dei massimi poeti viventi italiano. Sarebbe possibile realizzazione di un museo per la sua opera? E come dovrebbe essere…?
Discorsi sul concetto di “museo per il letterato” con uno dei massimi poeti viventi italiano. Sarebbe possibile realizzazione di un museo per la sua opera? E come dovrebbe essere…?
Come pensa che dovrebbe essere un museo per un letterato?
Un museo di per sè non dovrebbe avere la pretesa di qualcosa, può essere totalmente inventato. Nel caso di un pittore si pensa ad una raccolta di opere, in quella del musicista o scrittore è diverso. Se può avere qualche interesse vedere il pianoforte di Verdi poco ne ha il tavolo di uno scrittore a meno di situazioni come quella del Pascoli che aveva tre tavoli su cui lavorava a seconda che si occupasse di: poesia latina, poesia italiana o saggistica. Per quanto riguarda il museo del letterato, generalmente ci si riferisce alla sua casa in cui sono esposti oggetti a lui appartenuti che, quando non sono sicuramente falsi, al più sono d’epoca.
Per molti la casa è piena di significati per cui ha senso che vi siano certe cose, benchè io sia vissuto per lo più in casa per me è poco significativa, è un tavolo con dei libri intorno e basta. Nel mio caso non esiste una mia casa, in quanto ho vissuto prevalentemente in affitto, ora ne ho una, ma è piccola e vorrei andarmene, non ci sta più niente tra libri e carte varie. Per me l’ideale esistenziale sarebbe vivere in camere d’albergo, le più anonime possibile, certamente confortevoli, questo non per un programma ascetico, ma in quanto l’anonimato e il fatto di poter cambiare casa è molto stimolante, alcuni lo fanno vivendo in albergo, io lo cambierei continuamente anche stando nella stessa città.
In genere la biblioteca è importante, per sapere i libri che aveva il letterato, in caso di scrittori illustri le note sono importanti in altri meno. In un museo il problema è lo spazio, cosa salvare in un museo dello scrittore? La tendenza è quella della rotazione dei pezzi, sia per far tornare il pubblico nello stesso museo sia per la conservazione.
Quale potrebbe essere un oggetto che la caratterizza o rappresenta in qualche modo?
Non ne ho la minima idea, gli oggetti sono poco rappresentativi, salvo il caso che siano stati utilizzati dall’autore per l’opera. Proust parte nella sua “Recherche” dalla Lanterna Magica di quando era bambino, se si riuscisse a trovarla avrebbe un senso esporla. A Dublino c’è la torre di Joyce ove visse e dove viene ambientato l’inizio dell’Ulysse quindi avrebbe un senso l’immagine di quella torre e la vista che si ha da lì sulla città, in quella torre vi sono oggetti particolari legati a Joyce, per esempio la cravatta che regalò a Beckett, allora suo segretario, il quale la mise a disposizione per il museo, ecco questo può essere interessante, in quanto è già strano il regalo di una cravatta tra due uomini, in genere è proprio della donna che te la regala e tu la devi mettere per non dispiacerla, anche se non di tuo gusto, in più Beckett la ha tenuta, questo è significativo ed è un passo oltre il feticismo.
Io stesso ho conservato cose di cui ho scritto nel mio romanzo “Il giuoco dell’oca” ove vi sono descrizioni di quadri, fumetti, pubblicità e fotografie, se andassi a frugare credo di non aver buttato niente. Bisogna perciò sempre partire dall’opera, come criterio e giustificazione delle scelte, e mai da un criterio feticistico e reliquario.
Ha citato “Il giuoco dell’oca”, all’interno di un racconto vi è la descrizione di un tavolo con un teschio e di una libreria di metallo, il suo studio è quello?
Quasi tutto inventato, ad un certo punto poi vi sono alcune parole in tedesco che derivano in realtà dal “Faust” di Goethe qui io simulo senza dirlo. E’ pieno di citazioni, ma o uno conosce molto bene le opere descritte o non se n’accorge.
L’opera è quella che deve decidere quello che è importante da esporre e da conservare. Se io ho collaborato con musicisti o pittori avrebbe senso esporre qualcosa di loro. Per esempio a Mantova Baj espose l’”Apocalisse” e mi chiese di scrivere qualcosa, io feci l’”Alfabeto apocalittico” 21 poesie dall’ A alla Z ognuna di otto versi ove nella prima uso tutte parole che iniziano per A, nella seconda tutte per B e così via. All’inizio di quest’esposizione, mentre io leggevo le poesie, qualcuno buttava dei Pianeti della Fortuna di colori diversi che Baj fece preparare per le 21 lettere , una sorta di spettacolo. Questo diventò poi un libretto e lui fece incisioni delle lettere dell’alfabeto, composte da figure umane disposte da sole o con altre a formare la lettera. In quel periodo facevo delle cose con un musicista Scodanibbio, che ha scritto musiche per il contrabbasso su mie recitazioni e abbiamo usato per dei bis alcune di queste lettere, Baj lo ha saputo e ci ha invitato a farlo anche per l’esposizione della sua opera.
Ecco nel museo si potrebbe mettere la riproduzione dell’Apocalisse, i foglietti con i disegni sopra, e qualche mio testo, neanche tutti.
(…)E’ importante sentire Montale recitare una sua poesia perchè anche se non è molto bravo a farlo è indicativo delle intenzioni che voleva ottenere. Oggi è difficile che uno scrittore non abbia inciso qualcosa o partecipato a qualche trasmissione, il fatto stesso che io abbia partecipato al Festival di Sanremo nell’edizione di Fazio per presentare una canzone e per parlare, male, della musica italiana, oppure la mia presenza in un manifesto pubblicitario di jeans, non ha solo un valore come feticcio per un poeta professore universitario che è stato anche deputato.
Quale ruolo pensa che dovrebbe rivestire una mostra ai giorni d’oggi?
Una mostra dovrebbe aiutare a dissipare il mistero, in fondo, di fronte a un’opera possiamo avere reazioni emotive diverse da persona a persona, come da epoca a epoca, se l’autore è molto glorificato questo semplifica.
Io credo che il problema non sia quello di coltivare il mistero, io distinguerei tra una visione sacrale, feticista, puntuale, il museo non è un tempio, dove si va ad onorare il mistero e la grandezza, questo ha un significato più turistico che altro, se “questa è la casa di Hemingway” e vabbhè se non lo sapessi sarebbe una casa come un’altra e il mio unico giudizio sarebbe solo quello se ci andrei a vivere o meno. Credo che sia più interessante andare in un museo che abbia un valore didattico, senza che sia però tutto spiegato. L’eccesso di informazioni esposte può essere disturbante.
Oggi si fa un gran quantità di mostre, forse anche troppe, alcune sono realizzate molto seriamente altre sono invece molto discutibili, recentemente ho visto delle mostre straordinarie.
A Parigi per esempio c’era una mostra dal titolo “Paesaggio in Italia”, tema vastissimo, praticamente metà della pittura europea di un paio di secoli, i curatori hanno preso in considerazione un’angolatura precisa, cioè quella dei quadri dipinti “en plein air”, questo perché fino a parte del ‘600 il pittore prendeva appunti sul luogo e poi si faceva il quadro nello studio, nel ‘700 si comincia a dipingere quadri che vengono eseguiti sul luogo, questo cambia completamente la situazione, anche perché modifica la tecnica del dipingere che deve essere molto più rapida. Adesso c’è quella luce e dopo no, quindi si comincia ad avere anche un effetto più impressionista, cominciano gli inglesi a fare questo e inizia una saga, si vedono quadri che raffigurano pittori che dipingono davanti al paesaggio, e così via in maniera esponenziale. Questa mostra non mi invita semplicemente a guardare la bellezza del quadro, ma anche a capire perché sono significativi, perché sono importanti e perché sono belli. Una mostra del genere è una ricerca importantissima, non è come andare lì e vedere 1000 quadri.
Il museo ,ripeto, non deve essere luogo di noioso studio, perché non è bello passare la vita andando a scuola, ma deve offrire comunque delle possibilità conoscitive e non solo emozionali anche perché l’emozione cambia e diventa “corretta” se ho una cosa guidata.
Il museo è anche un luogo di studio, l’emozione deriva dal fatto che io capisco, se ho solo l’emozione dico “che bello” punto e basta, mi metto a sognare e sono affari miei.
A questo proposito nel museo d’oggi tende a ribaltarsi il rapporto del singolo col museo, perché funzioni un museo bisogna che ci sia tanta gente, cosa ne pensa?
Non sono ostile al fatto che ci sia tanta gente nei musei, ma ammetto che egoisticamente può essere più agevole vedere un museo in assoluta solitudine o in compagnia selezionata, trovarsi con 200 persone per scavare fra le teste e gli scatti fotografici è un altra cosa a volte si arriva all’invisibilità, è come se ci fosse un libro a disposizione e 40 che vogliono leggerlo, non si riesce. Oggi si raggiunge qualcosa del genere con prenotazioni che cercano di distribuire le visite, ma non bisogna essere egoisti, la gente ha diritto di vedere, si possono cercare strategie individuali come mettersi in coda presto però sono posizioni lussuose, bisogna avere tempo a disposizione, inoltre non è giusto che se sei di passaggio non puoi entrare perché dovevi prenotare il giorno prima.
Avrebbe qualche suggerimento su come ordinare il materiale del suo museo?
Anche se lo avessi non è detto che sarebbe necessario seguirlo, perché la sensibilità gli interessi e il gusto cambiano nel tempo allora saper cosa io vorrei è un conto altro è la cosa migliore, è come la poesia letta dall’autore molto importante, non è detto che sia lettura da replicare ogni volta. Ad esempio è interessante sentire come Strabinsky dirigeva se stesso, non era il miglior direttore di se stesso perché non era un bravo direttore infatti dirigeva solo se stesso, Berio cominciò per ragioni pratiche di denaro e per suo interesse a fare il direttore di cose sue e a detta di tutti dirigeva male perché non faceva il direttore di professione, adesso dirige bene anche cose non sue, ma non vuol dire che le cose sue siano meglio dirette da lui. Procopiev era una gran pianista e se eseguiva se stesso vengono fuori delle cose interessanti come per Busoni, Debussy ad esempio non era gran pianista, ma se lo sento eseguire sue opere sento molte intenzioni non scritte che voleva intendere.
Per questo motivo non ritengo di dover essere solo io a dire come dovrebbe essere ordinato il mio lavoro, ma anche altre persone.
davide olivieri
BIOGRAFIE DI EDOARDO SANGUINETI
www.alice.it/romanzo-convforli/sanguineti.htm
www.comune.modena.it/associazioni/avanguar/bollettario/biografie/sanguineti.html
ATTIVITA’ RECENTI
http://www.teatroregio.torino.it/attivita/laborato/rassegna/stile.htm
http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/sanguin.htm
http://www.educational.rai.it/mat/ma/masangui.asp
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