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Giorgio Griffa è una delle più inattese riscoperte di questi ultimi affannosi anni in cui la critica e il mercato sono costantemente alla ricerca del giovanissimo talento blockbuster o del genio incompreso. Griffa (Torino 1936) è un talento precoce, comincia a dipingere da bambino e, nonostante la laurea in giurisprudenza conseguita nel 1958, due anni dopo decide di prendere lezioni di pittura da Filippo Scrocco, pittore astratto e membro del MAC (Movimento Arte Concreta). Grazie all’amicizia con Aldo Mondino viene introdotto in quel Sancta Sanctorum che, a fine anni ’60, è la galleria torinese di Gian Enzo Sperone in cui gravitano artisti come Penone, Anselmo, Zorio e Paolini.
Il suo linguaggio pittorico è originalissimo e non inquadrabile nei movimenti artistici (Arte Povera, Pittura Analitica, Minimalismo) che hanno contraddistinto questi nostri ultimi quarant’anni. Griffa dipinge con la tela a terra, i supporti sono generalmente di lino dato che le tele in canapa non vengono più prodotte, la pittura è acquosa e il gesto rapido si affida come dice Griffa stesso “…all’intelligenza della materia…”.
Le sue tele sono libere dalla costrizione del telaio in legno e vengono appese sul muro come stendardi, una volta disinstallate vengono riposte ripiegate e le piegature costituiscono un ulteriore motivo decorativo a griglia che complete l’opera.
Dopo una folgorante mostra nel 2012 alla Galleria Casey Caplan di New York che ha fatto scrivere a Roberta Smith sul New York Times che “..la sua arte merita un posto nella storia mondiale dell’Astrattismo” e nel 2015 una ricca retrospettiva al CAC di Ginevra (“Giorgio Griffa Una retrospettiva 1968-2012”) la Fondazione Giuliani di Roma presenta un percorso cronologico dello sviluppo dell’arte del maestro torinese attraverso cinquantacinque lavori su carta.
Contrariamente a quanto generalmente si pensa i disegni per Griffa non sono dei bozzetti da cui sviluppare i futuri quadri, ma, al contrario, sono delle opere compiute, delle riflessioni minimali e meditate sull’uso del colore e del segno. Tutta la sua pittura, e questi lavori su carta ne sono la dimostrazione, è un gioco di raffinati equilibri fra ritmo e composizione, come se fossero degli spartiti musicali. Tutti i temi che Griffa sviluppa nelle sue tele sono presenti in questi delicati acquerelli dai Segni primari cioè segni uguali ma diversi, perché diverso è il ritmo che gli imprime la mano, ripetuti sulla tela uno vicino all’altro, gli arabeschi, le numerazioni dove il numero è una lettura del divenire dell’opera stessa ovvero una specie di legenda alla processualità del lavoro e la sezione aurea ovvero il numero infinito con cui secondo l’artista ci possiamo addentrare nei meandri dell’ignoto. Anche nei suoi lavori su carta il colore gioca un ruolo importante contribuendo anch’esso, soprattutto nell’alternanza di caldi e freddi, a dettare il ritmo della composizione.
Griffa lavora per sottrazione e la mostra è perfettamente equilibrata in un gioco di rimandi fra colore e segno di grande raffinatezza compositiva.
Paola Ugolini
mostra vista il 16 febbraio
Dal 4 febbraio al 23 aprile 2016
Giorgio Griffa: works on paper
Fondazione Giuliani
Via Gustavo Bianchi, 1, Roma
Orari: da martedì a sabato, dalle 15:00 alle 19:30
Info: info@fondazionegiuliani.org