11 aprile 2016

Aiuto, l’alluvione Kentridge!

 

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Lui, Willliam Kentridge, c’è sempre piaciuto. Visionario, politicamente corretto senza essere noioso, ironico, inventivo e versatile in tanti linguaggi, con quella rara capacità di raccontare la circolarità del tempo. In una parola, bravo. E vederlo in Italia, dal lontano Sud Africa da cui proviene, era un privilegio. 
Fino a poco tempo fa. Perché ora, con la realizzazione dei disegni sui muraglioni del Tevere fatti semplicemente ripulendo lo strato di sporco accumulato sugli stessi, opera che si deve alla tenacia di Kristin Jones che è riuscita a smuovere le burocratiche paludi romane ben più tenaci dello sporco sui muraglioni del Tevere, Kentridge, l’amato Kentridge, dilaga. E come tutto ciò di cui si parla troppo, tutto ciò che è sovraesposto, piace un po’ meno. Per carità, il suo lavoro non c’entra, anche se dobbiamo dirlo che quella parata di figure che sfilano anche sui muraglioni del Tevere, abbiamo cominciato a vederle un po’ troppo spesso. Prima a Documenta nel 2012, poi a Napoli alla stazione della metropolitana Toledo, poi al MAXXI di Roma in una serata speciale e ora sul Tevere. 
L’abbiamo viste, queste figure, che per fortuna un po’ diverse nelle varie proposte, sono. Ma mai quanto stiamo vedendo Kentridge in questi giorni, in carne e ossa. Sembra quasi che abbia il dono dell’ubiquità o almeno dell’instancabilità. Ha iniziato il 9 a Milano, con una superba mostra da Lia Rumma: tre piani di galleria saturi dei suoi disegni, installazioni, arazzi e video. Poi l’11 a Roma a Palazzo Barberini, poi il 13 al MAXXI, poi il 14 all’Accademia di Belle Arti, poi il 15 alla British School, poi il 17 in mostra al MACRO. Tutto sempre a Roma, dove finalmente il 21 aprile, giorno del Natale della Capitale, si inaugurano i suoi Triumphs and Laments. 
E speriamo che Kentridge, che a quanto pare è anche un artista generoso, si prenda finalmente un periodo di riposo dall’Italia. Così noi, tra un po’, ricominceremo ad aver voglia di vederlo.   

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