15 aprile 2016

Chiudere, chiudere, chiudere!

 
Dopo la Bulgaria e i suoi muri, dopo il "respingimento" dei migranti che viene dal nord Europa, anche uno stato particolarmente vicino all'Italia parla di nuove chiusure: l'Austria. Partendo dal Brennero

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C’erano una volta i valichi alpini, le gallerie della modernità: il Frejus, il traforo del Monte Bianco, e anche il Brennero. Facevano passare i cittadini di tutto il mondo, si guardavano i documenti alla frontiera prima che l’Europa fosse unita. Tutto al passato? Non proprio. I cittadini europei, quelli di serie A, potranno continuare a passare; quelli di serie B, i migranti vari ed eventuali, potrebbero essere bloccati in Italia.
L’Europa, ancora una volta, dimostra la propria autoreferenzialità, impone l’idea di una propria autarchia, e tramite le parole del ministro della Difesa austriaco Hans Peter Doskozil si rende noto che se l’Italia continuerà a far passare i migranti, lo stato alpino potrà chiedere alle autorità tricolore di fare controlli anche sul “nostro” territorio”. Perché se la situazione dovesse sfuggire si chiude. Già, perché la paura dell’Austria è di finire come una grande “sala d’attesa”: da un lato ci sono quei “facili” degli italiani che continuano a lasciar passare i migranti, dall’altro ci sono i tedeschi che dell’accoglienza si sono pentiti, e che i migranti li respingono a sud.
Un tira e molla che non piace, insomma, mentre sempre l’Austria progetta anche una bella barriera “contro” l’Ungheria, e che stanzia 37mila posti per i viaggiatori della speranza, non uno di più. 
E mentre le associazioni umanitarie insorgono, anche dall’Italia non si sono fatti attendere i commenti, con il Ministro Gentiloni, Esteri, che ha affermato la presenza di un fatto grave, almeno nelle intenzioni. No a barriere, openbrenner come hashtag, cooperazione e unione come parola d’ordine, ma la verità è che – ancora una volta – la tutela viene scambiata per chiusura, e l’Europa unita si presenta più ostile che mai, e poco collaborativa anche tra gli stessi Paesi. Perché finché si gioca in casa va bene, ma quando bisogna aprire le porte ai “trasfertisti” un po’ meno. (MB)

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