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L’idea che oggetto abbia pensieri e affezioni da un po’ di tempo è al centro dell’attenzione artistica. L’oggetto, neanche come protesi umana, ma proprio lui in quanto tale, in tutta la sua autonomia. E l’idea non rapisce solo critici e curatori, cattura anche artisti.
Uno di questi è l’americano Michael Beitz che tra gli oggetti predilige i mobili di cui cerca di mettere in luce le relazioni concettuali che possono allacciare con gli umani.
Nelle mani di Beitz un tavolo diventa una cosa come quella che vedete, il tramite di un rapporto, complesso e arzigogolato come sono normalmente i rapporti tra gli umani. «Mi occupo della tensione emotiva, della distanza e dell’incapacità a comunicare e vedo il mio lavoro come un’estensione del nesso tra comportamenti emotivi e fisici». Contento lui …