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Come sarebbe il palazzo dell’Onu, quel perfetto parallelepipedo disegnato da Oscar Niemeyer, piantato in una landa deserta, invece che di fronte l’Hudson a Manhattan? E il Guggenheim, pensato e realizzato da Frank L. Wright, se anziché stare di fronte Central Park, sempre a Manhattan, sorgesse in una specie di deserto di roccia? E se il magnifico Chrysler building svettasse da una terra brulla? E se l’ultimo arrivato, il New Museum di Kazuyo Sejima, sorgesse tra sassi e rocce? Si enfatizzerebbe l’architettura di questi edifici così simbolici o se ne accentuerebbe soprattutto il loro essere luoghi di potere?
Non sappiamo se Anton Repponen, fantasioso designer russo di nascita e newyorkese d’adozione, si sia fatto queste domande o se si sia solo divertito il giusto a decontestualizzare questi edifici e a immaginare per loro una storia diversa. Paradossale, ma attraente.
Sicuramente Repponen ha dato il via a un gioco che può essere infinito. Come sarebbe per esempio San Pietro su una spiaggia o la Mole Antonelliana nel fitto della foresta amazzonica? Continuate voi.