13 luglio 2016

In bilico, ancora

 
Un disastro ferroviario "d'altri tempi". Una bomba, in senso metaforico, che ci riporta alle condizioni di una parte d'Italia. Fragilissima, e in bilico profondo tra contemporaneità e arcaico. Che le sole promesse non aiuteranno

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Ora si cercano i colpevoli, ora è l’ora della tragedia, del cordoglio. Dei morti che all’inizio erano 6, poi 10, poi oltre la dozzina, poi 23, poi 26 e poi il bilancio è destinato a crescere.
Possibile che nel 2016, in un Paese civile come dovrebbe essere l’Italia con le sue infrastrutture, due treni si scontrino frontalmente, a 100 chilometri orari? Evidentemente sì. Evidentemente perché l’Italia è zeppa di tracciati a una unica rotaia, evidentemente perché mancano comunicazioni adeguate, evidentemente perché se le carrozze possono essere modernissime, condizionatissime, e anche veloci e comode, tutto intorno c’è il deserto.
Proprio come è desertico quello splendido paesaggio pugliese, costellato di ulivi e teatro di questa ultima tragedia che ricorda quella del 2005, quando a pochi chilometri da Bologna, nella nebbia, per un rosso non rispettato, avvenne una storia simile. Qui qualcosa, ancora da accertare, è andato storto in uguale misura.
Quello che invece non dovrebbe andare storto è la sicurezza dei cittadini, e poco importa – in questi casi – della digitalizzazione del turismo, delle informazioni, delle scommesse che il governo intraprende per la ripresa del mezzogiorno. 
Qui il virtuale non c’entra; non c’entrano le app, non c’entrano le possibilità di generare ricchezza dall’indotto turistico, perché una pubblicità del genere, in una delle regioni più battute dai visitatori sia italiani che internazionali, non la vorrebbe nemmeno il peggior nemico di qualsiasi imprenditore. 
E a lasciarci la pelle, anche in questo caso, sono sempre gli stessi: pendolari, studenti e forse anche chi tornava dall’aeroporto di Bari, con questi modernissimi treni a più riprese definiti “metropolitane”: dove però i marciapiedi delle stazioni non collimano con i gradini del treno, dove la modernità resta in carrozza mentre al di fuori, oltre l’escursione termica, c’è il paesaggio lunare del sud che forse resta ancora quello che raccontava Ernesto De Martino.
Anzi, in chiave più moderna una cosa è rimasta: l’abbandono. E l’incapacità di modernizzare senza snaturare, per rendere vivo e più vivibile un territorio, e una ferrovia che di per se, a binario unico, è impossibile da credere oggi. 
Da che parte cominciare sarà da verificare, ma siamo sicuri che da oggi tra richieste d’aiuto e promesse di stanziamenti le pagine si riempiranno. E staremo a vedere se come accadde per la Bologna-Verona le cose cambieranno, o se il profondo Sud resterà ancora nel limbo “magico” che lo contraddistingue. (MB)

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