18 luglio 2016

America di proiettili

 
Si spara. A giorni alterni, e alternativamente sulla polizia o sui "black". Dopo Minneapolis, dopo Dallas, ora c'è Baton Rouge. Ancora a sud, in una società unita come cartapesta con la colla, estremizzando le parole di uno "scomodo": Donald Trump

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Quello che, comunque, non sarà il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, negli scorsi giorni una giusta l’ha detta: “Gli Stati Uniti non sono uniti per niente” aveva dichiarato, dopo gli spari a Dallas.
Eh già, il grande Paese continua – specialmente a sud – a bruciare di diversità, e visto che le armi sono libere, quando tutto diventa accecante si spara.
Succede stavolta a Baton Rouge, dove di nuovo si sono colpite le forze di polizia, in quello che forse è una vendetta (o una “giustizia”) per quello accaduto lo scorso 5 luglio, quando un ambulante afroamericano fu ucciso da un poliziotto.
Una spirale che, di questo passo, non andrà di certo a scemare, e che anzi rischia di incendiare ancora più la faida tra i “rifiutati” da sempre degli Stati Uniti del sud, e quei famosi ACAB, all cops are bastards.
E se poi ci si mettono di mezzo i social network, come era accaduto anche a Miami lo scorso dicembre, quando un uomo con un rasoio in mano fu colpito in pieno petto dai colpi di un poliziotto, a “dimostrare” come sono andate le cose è ben facile innescare la rivolta della folla. Forse non a torto.
Forse perché quella benedetta (o maledetta) integrazione di cui tanto ci riempiamo la bocca è ben lungi a venire, e la vecchia cara Europa, anche in questo caso, somiglia tanto ai vecchi Stati Uniti. Che fare? (MB) 

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