19 luglio 2016

Tra Houellebecq e la Turchia

 
Episodi diversi, per non dimenticare una libertà mai sicura, e che potrebbe nascondersi dietro la paura anche in territori che ben conosciamo. Mentre ad Oriente ci si infiamma, e ad Ovest si reagisce a denti stretti

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Ieri sera un quasi timido Michel Houellebecq, in versione poeta, ha presentato nell’ultimo giorno del Festival “La Milanesiana”, al Teatro Franco Parenti di Milano, la sua ultima raccolta di versi, “La vita è rara”.
Timido, sì, perché pochissimo ha raccontato – anche durante il momento di dibattito – di quel che pensa di oggi, non solo della Francia, ma anche della Turchia. Che nel frattempo, nelle stesse ore, si è trovata di nuovo nel sangue con un agguato mortale al vicesindaco.
Sarà il riflusso del golpe fallito, mentre Angela Merkel chiede “nessuna pena di morte”, riprendendo le promesse di Erdogan per i disobbedienti, e da un capo all’altro del pianeta c’è chi plaude e chi invece depreca un golpe come atto democratico.
Certo, i due Paesi navigano in acque molto diverse, ma ci sarebbe piaciuto avere un’opinione più “viva” di quel mago della letteratura, quasi profeta visionario e allucinato sul nostro presente. Il discorso all’Islamismo, trappola in cui sono caduti i relatori, per Houellebecq è stato quasi un momento divertente, in cui ha spiegato che un tempo ricordava ragazze vestite provocanti in Francia, mentre ora le vede solo in Italia. 
Dice che in Francia, anche attraverso i vestiti, oggi come oggi potrebbero arrivare guai. L’ipotesi “Isis” però, le rivendicazioni, i gruppi armati di uno stato che in realtà non esiste, sembrano essere lontani anni luce dalle idee dello scrittore francese, mentre è ancora forte la voglia di parlare di una certa libertà, di quella stessa che forse – in Turchia – avrebbe permesso una nuova primavera, rischiando però di mandare il Paese verso la fine di quella araba: trasformare un momento di “festa” in una nuova dittatura di stampo, appunto, integralista. O di polizia. Il dubbio, ora, è se con questi “piccoli incipit” di terrore (diciamo così) in Europa, non si vada a finire proprio per assomigliare a chi si condanna. Le istituzioni, ancora, sono differenti, ma la paura, in fondo, è la medesima. (MB)

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