Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
23
luglio 2016
Almeno dieci morti e più di venti feriti, nel momento in cui scriviamo. Dopo i ferimenti sul treno, a Wurzuburg, è la volta di Monaco, dove si è consumata la tragedia che ha fatto il giro del mondo: spari in un centro commerciale, e una città paralizzata, dove le persone che hanno dovuto evacuare la stazione centrale hanno avuto crisi di panico, e dove le ferrovie hanno messo a disposizione vagoni per ospitare le persone bloccate.
Uno scenario apocalittico, dove la paura si confonde alla psicosi, dove nessuno si sente al sicuro, dove la minaccia è costante, sincopata, senza lasciare respiro.
Cinque anni fa, esattamente, avveniva la strage norvegese per mano Breivik: forse è un caso, ma pare che l’uomo accusato di aver sparato sia stato udito gridare frasi razziste contro i turchi, e contro “stranieri di merda”. Qualcun altro afferma che le parole, invece, erano le solite: “Allah Akbar”.
Rivendicazioni di matrice islamica? Nessuna. Odio razziale? Per ora nemmeno l’ombra. Fatto sta che l’uomo, stando ad altre fonti, forse è morto suicida a un chilometri circa dall’attacco, da quel McDonald rassicurante di un giorno qualunque, in un centro commerciale come ovunque in Europa. Quell’Europa densa di valori che, dalle mani dei suoi stessi cittadini, stanno fuggendo al galoppo. (MB)