04 ottobre 2002

audiovideoperformance Scanner – 52 spaces Roma, British School

 
Una performance per inaugurare la nuova sala conferenze e la stagione del ‘Gallery Programme’. Protagonista Robin Rimabaud, alias Scanner. È successo alla British School, solo il 26 e il 27 settembre. E c’è stato il tutto esaurito. Noi vi raccontiamo come è andata...

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Nell’era della disponibilità indiscriminata di informazioni, della registrazione di suoni anche impercettibili all’orecchio umano, dell’archiviazione massiccia di dati, la ricerca portata avanti da Robin Rimbaud, in arte Scanner, segna una tappa di navigazione importante nel mare delle performance di arte elettronica.
Scanner – ovvero l’analizzatore – immagazzina nel suo computer i 52 fotogrammi finali del film di Michelangelo Antonioni, L’Eclissi, girato in una Roma fantastica e irreale. E rilanciandoli al rallentatore, quasi in un fermo immagine, ottiene un effetto audiovisivo al quanto singolare. I fotogrammi in bianco nero vengono inondati di suoni amplificati e rimasterizzati dai suoi apparecchi, su cui lavora durante la performance come un dj. L’osservatore è come un scannermarziano sulla terra, sceso con apparecchiature speciali ad esplorare (scanner vuol dire anche questo) e documentare una giornata sul nostro pianeta; scene quotidiane soffocano sotto il flusso di rumori orchestrati in forma musicale, e di pensieri di un flusso di coscienza che si fa sonoro, bisbigliante. La città, la strada, i piccoli eventi accidentali di ogni giorno avvolgono l’ambiente creando un insistito effetto surround dove le persone vengono inghiottite nell’altisonante (e’ il caso di dirlo) mondo dell’invisibile. Tutto suggerisce come la straripante rilevanza del mondo materiale influenzi il mondo interiore dei personaggi, la cui narrazione verbale e’ quasi azzerata. Sembra che Scanner intervenga infatti per non perdere nulla delle vibrazioni sonore che hanno accompagnato un immagine; a metà tra un cardiologo e uno scienziato, la sua sensibilità agisce sulla piattaforma di celluloide come sismografo dell’anima, delle emozioni vissute.
Sarà che Scanner assomiglia fisicamente a Moby; sara’ che questo tipo di ricerca, che isola i rumori rilevati in un ambiente per rielaborarli in altre forme artistiche, ha un padre illustre in Brian Eno e un precedente in Wim Wenders (Lisbon Story), fatto sta che questa performance conferma il prolifico sincretismo dei media, ultima frontiera dell’arte elettronica degli ultimi anni. Gli architetti usano già l’audio ambientale per accompagnare i loro progetti (il caso del gruppo di artisti di Multiplicity). Siamo nell’era dell’assenza di confini tra le arti, è il momento magico delle contaminazioni a tutto campo, grazie alle quali 52 fotogrammi di storia del cinema possono rivivere e diventare tridimensionali, sotto una nuova luce, o, meglio, sotto una nuova sonorità…

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Scanner – 52 Spaces, a cura di Cristina Perrella
British School, via Gramsci 61


[exibart]

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