02 novembre 2016

Emergenza, ma senza burocrazie: è l’unico modo per salvare l’arte terremotata. Parola di Antonio Paolucci

 

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Il direttore dei Musei Vaticani, Antonio Paolucci, ricorda Assisi dalle pagine di Repubblica. Era il 1997: «In poche ore, il giorno dopo il crollo, affidai ad alcune ditte il compito di puntellare i muri rimasti in piedi. Niente gare. Rischiai. Sapevo che mi sarebbe potuto arrivare un avviso di garanzia, ma mi fidai dei miei colleghi funzionari della soprintendenza e delle conoscenze che avevano maturato con le imprese del posto. L’alternativa era una sola: il collasso di tutto l’edificio». 
L’edificio, invece, non collassò e dopo anni di lavori la Basilica di San Francesco ad Assisi era tornata a splendere. Ci mettiamo a dare lezioncine? Non proprio, la lezione di Paolucci è una: per salvare il salvabile bisogna “Fare Presto”, come titolava Il Mattino dopo il terremoto dell’Irpinia, chiamando soccorso.
Qui, con la popolazione salva, i Beni Culturali possono essere invece molto a rischio, se si aspettano i tempi della burocrazia: «La condizione delle Soprintendenze si è aggravata in questi vent’anni, e peggio sono messe le Soprintendenze nelle zone periferiche o interne. Li conosco bene i funzionari storici dell’arte, gli architetti, buttano il sangue. Ma lavorano in condizioni disperate, sono pochi e non hanno mezzi», ricorda Paolucci. Che qualcuno faccia presto, davvero. 

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