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“Che l’uomo sia un animale semiosico pare assodato”, sentenziava, qualche lustro fa, l’insigne linguista e filosofo Umberto Eco in un breve e dotto saggio dedicato all’enigmatico linguaggio degli specchi. Intendeva alludere, con questo complicato aggettivo, alla nostra nativa disposizione ad appropriarci del mondo affibbiando un senso alle cose, e a tentare di afferrarlo con una intricata rete di linguaggi e di segni, dove il segno – recitano i semiologi – è un qualcosa che sta per qualcos’altro. Queste riflessioni, frammiste a ricordi di trascorse letture, hanno accompagnato la nostra visita alla nuova mostra di Joan Jonas nella galleria Bonomo di Roma. Classe 1936, l’artista newyorkese, attualmente docente di Art Culture and Technology presso il MIT (Massachussets Institute of Technology), scultrice, videoartista, performer – una vita costellata da numerosi viaggi per ogni latitudine (e le sue creazioni, in verità, sembrano possedere il tratto impermanente e inatteso di un lungo viaggio esplorativo) – è considerata una delle figure più rilevanti dell’arte americana del dopoguerra.
Molti ed eterogenei i tasselli del suo percorso di formazione e tutti, a ben vedere, rintracciabili nei suoi lavori multimediali. E affioranti anche nella trama spaesante di quest’ultima mostra, “Minds of their own”, ideata per l’occasione e incentrata su un video già proposto all’ultima biennale di Venezia: dalla ricerca coreica minimale delle danzatrici Yvonne Rainer e Lucinda Childs al surrealismo materico di Alberto Giacometti; dalla poetica di Jorge Luis Borges (dove lo specchio è topos ricorrente), agli studi iconologici comparativi e interculturali di Aby Warburg; all’Imagismo di Ezra Pound geniale assertore della contaminazione dei linguaggi artistici. Nella sala in penombra il flusso delle immagini è a tratti sopito dalla voce narrante dell’artista, a tratti incalzato dalla musica jazz del pianista Jason Moran. Scorrono attimi di vita quotidiana, maschere tribali, episodi performativi, fragili disegni di animali che dal video percorrono le pareti a tracciare il perimetro di un’installazione in cui ci troviamo inavvertitamente inseriti. E infine gli specchi che amplificano e confondono, che illudono e segnano, con la loro inconcussa realtà, i confini dell’impermanenza.
Luigi Capano
mostra visitata il 26 gennaio
Dal 30 novembre 2016 al 30 marzo 2017
Joan Jonas, Minds of their own
Galleria Alessandra Bonomo
Via del Gesù 62, Roma
Info: tel. 06.69925858 e-mail mail@bonomogallery.com
www.bonomogallery.com