08 giugno 2017

dOCUMENTA 14. Neue Galerie, ovvero una mostra complessa tra corpo e storia

 

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Alla Neue galerie di Kassel va in scena una mostra complessa e, al primo sguardo, di non facilissima interpretazione. Anche in questo caso si rincorre questo dualismo tra Grecia e Germania, con omaggi ad Arnold Bode, fondatore di documenta nel 1955 e curatore delle prime tre edizioni. Ma i due temi centrali protagonisti dell’esposizione sono il corpo e la storia: presente Geta Bratescu, artista che rappresenta la Romania all’ultima Biennale di Venezia, in assoluta riscoperta, che, con una serie di video degli anni ’70, racconta di come le abitudini possono trasformarsi in pericolose fonti di violenza. Interessante anche l’opera di Annie Sprinkle, ex pornostar attivista ed esponente del femminismo liberale negli anni ’90 e poi approdata all’arte, a cui è stata riservata una piccola retrospettiva in una sala che ripercorre tutto il suo lavoro, incentrato appunto sul corpo e sul sesso, visti entrambi da un punto di vista politico. Sempre il corpo, ma soprattutto il suo riscatto, sono presenti nell’opera di Lorenza Böttner performer transgender cileno, nato senza braccia a causa di una malformazione dovuta alla talimodide, un farmaco prescritto alle donne incinta per combattere la nausea, che poi si scoprì essere dannosissimo per i feti. Insieme all’esposizione alla sede centrale del Fridericianum, alla Neue galerie troviamo la mostra cardine di questa edizione di documenta, che guarda molto alla Grecia e ai temi attuali servendosi della lente di uno Stato periferico, un tempo capitale del mondo e ora passato in secondo piano. Una complessità di fondo molto calcolata guida il percorso espositivo, che, se per certi aspetti può sembrare da manuale, colpisce invece per la messa in evidenza in maniera sottile e intelligente. Presente anche molta India, mischiando antico e contemporaneo attraverso i lavori di autori per la maggior parte semi sconosciuti: dalle incisioni ai manufatti artistici che potremmo trovare benissimo in un museo etno-antropologico, ad opere più contemporanee. Un lavoro enorme quello del direttore Adam Szymczyk alla Neue, che ha svuotato lo spazio e riallestendolo completamente, dando vita a una mostra potente, impegnata, piena di interrogativi, che rispecchia molto il senso di questo tempo, e che ci appare un po’ come il contraltare di quei grandi colpi di scena espositivi, come è – per dirne uno -Damien Hirst a Venezia.
In homepage: Geta Bratescu, Automation, 2017
In alto: Maria Eichhorn, installation view, Bonn 2017, photo: Mathias Völzke.

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