03 luglio 2017

La Biennale nomade sulla strada della complessità. Manifesta presenta Palermo Atlas

 

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L’impossibilità di trovare una definizione univoca per una città come Palermo diventa l’opportunità per allestire una piattaforma di discussione intorno ai temi della progettazione urbanistica e dell’inclusione culturale. La dodicesima edizione di Manifesta sembra trascendere con sempre più convinzione i confini della ricerca estetica in favore delle relazioni interdisciplinari, inseguendo risvolti sociali e politici. Una tensione verso certi termini che coinvolge molta parte dell’arte contemporanea e che, del resto, per la Biennale itinerante, si mantiene costante fin dagli inizi, dalla prima edizione del 1996, ad Amsterdam, a seguito dell’impulso della fondatrice Hedwig Fijen, che ancora oggi la dirige insieme a Peter Paul Kainrath
Ed è verso tale tentativo di superamento, o di immissione, a seconda dei punti di vista, che va interpretato Palermo Atlas, lo studio commissionato dal pool di curatori della Biennale itinerante a OMA, società che opera negli ambiti dell’architettura e dell’urbanistica, istituita nel 1975 da Rem Koolhaas e con basi a Rotterdam, New York, Pechino e Dubai. Con un approccio ibrido, tra archeologia e studi di comunicazione, antropologia e archivistica, la ricerca tenterà di isolare le sfaccettature architettoniche, economiche, emozionali e storiche di una città dal carattere sfuggente, difficilmente comprensibile in una narrazione univoca. «Palermo Atlas andrebbe utilizzato come strumento sostenibile per lo sviluppo di un’eredità che vada oltre la durata di Manifesta 12», ha precisato Hedwig Fijen. Accordando gli strumenti di discipline diverse, i risultati saranno riportati in un programma che potrà essere usato per pianificare una strategia di sviluppo e redatto da figure eterogenee per formazione e provenienza, come Ippolito Pestellini Laparelli, partner di OMA dal 2007, Bregtje van der Haak, regista olandese, Andrés Jaque, architetto e studioso spagnolo, Mirjam Varadinis, curatrice svizzera d’arte contemporanea. «La città non può essere ridotta ad una singola interpretazione o ad una precisa definizione. È piuttosto un complesso mosaico di frammenti e identità, risultato di secoli di incontri e scambi tra civiltà. La Palermo contemporanea può essere considerata un arcipelago globale: non una città globalizzata di per sé, ma un incubatore di diverse condizioni globali. Agisce come snodo di una vasta geografia che si estende ben oltre l’area Euromediterranea – dall’Africa sub-sahariana alla Scandinavia, dall’Asia sudorientale a Gibilterra e all’America», ha detto Pestellini Laparelli. 
E il riferimento potrebbe estendersi a molte città italiane, da Napoli a Roma, fino a Milano, le cui attuali conformazioni sono il risultato di stratificazioni più che secolari e non sedimentate, che continuano a generare processi difficilmente inquadrabili, sia per chi ne vive la quotidianità che da punti di vista esterni. E anche senza scomodare la storia della nostra penisola, l’inafferrabilità, la vaghezza, sono condizioni endemiche di ogni organismo urbano, almeno da quando a tale aggregazione sociale sono state attribuite le immagini e le definizioni della metropoli, un campo semantico che, a dire il vero, sembra ormai sulla via del tramonto. 
In ogni caso, i primi passi già già sono stati fatti, presentati per una conferenza stampa al Teatro Garibaldi, spazio recentemente riacquistato al pubblico: «Abbiamo deciso di riscrivere la pianta della città con alcune macro-categorie con tre particolari chiavi narrative», ha spiegato l’architetto, riferendosi alle citazioni dei luoghi nella cinematografia, agli edifici abbandonati e «agli archivi di modernità» custoditi in abitazioni private. «Queste considerazioni permetteranno a Manifesta 12 di muoversi su tutto il territorio, sviluppandosi come un network diffuso, permettendo ai visitatori della biennale di scoprire, nel percorso, l’essenza della città», ha concluso Pestellini Laparelli. 
In alto: Francesco Lojacono, Veduta di Palermo, 1875. Palermo Atlas, courtesy OMA

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