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Funerale a Ornans Gustave Courbet
opera
E’ il capolavoro della piena maturità artistica di Gustave Courbert, insieme a Pomeriggio a Ornans e a Gli Spaccapietre (considerato l’opera manifesto del pittore ma anche del realismo francese della metà del XIX secolo). L’opera apparteneva a Juliette Courbet, sua sorella, che ne fece dono allo stato francese nel 1881…
Questa composizione, la prima di così vaste dimensione (cm. 361×598), fu esposta al Salon del 1850-51 e in seguito al Rond-Point de l’Aima nel 1855 con datazione 1844, ma sarebbe invece da collocare alla metà del 1849. Il soggetto fu ideato ad Ornans, cittá natale del pittore, nel granaio della casa ereditata dal nonno Oudot. Quasi cinquanta concittadini posano per quest’opera monumentale. Molti critici ne hanno identificato le fisionomie. Il primo personaggio da sinistra è il nonno Oudot, morto nel 1848, quindi il curato del paese l’abate Bonnet, in cappa di profilo circondato da tutto il personale della chiesa, al centro un amico del pittore Urbain Cuenot a testa nuda, dietro si trova il repubblicano con calze azzurre, le tre sorelle di Courbet, da sinistra Jiuliette, Zoè e Zelie, la madre Sylvie Oudot è la donna che tiene in mano una bambina all’estrema sinistra. Champfleury, il teorico del realismo, rimase molto impressionato da quest’opera e rivela, nel testo “Grandi figure di ieri e di oggi” del 1861, che nel funerale di Courbet: “Vi è raffigurata la borghesia moderna, in piedi, con i suoi lati ridicoli e le sue bellezze”.
E’ un’opera rigorosamente storica poiché Courbet ha raffigurato senza falso pudore gli usi ed i costumi della Francia Contea, in un paesaggio reale, esattamente quello che si vede nel cimitero di Ornans, inaugurato nel 1848 con personaggi esistenti e vivamente riconoscibili. Egli eleva a rango di avvenimento storico, grazie alle dimensioni della tela, un episodio familiare, la sepoltura campagnola di uno sconosciuto. Alcuni hanno più volte sottolineato che in quest’opera l’artista abbia voluto rivelare un suo atteggiamento anticlericale, ma già come notava Proudon (1855) si tratta, al contrario, di una pittura religiosa, in piena conformità con l’educazione familiare ricevuta da Courbet ed anche con quella vissuta nell’ambiente da lui frequentato a Parigi, quello legato al giornale la “Salut publique” improntato sul pensiero sociale e religioso di Lammennais. Egli, come scrive nel manifesto del Realismo in occasione del “Pavillon du Realisme” (1855), spiega “La pittura storica è essenzialmente contemporanea. Ogni epoca deve avere i suoi artisti che la esprimono e la rappresentano per i posteri. Lo spirito degli uomini ha il dovere di lavorare sempre sul nuovo, sempre sul presente. Andare indietro significa non aver compreso nulla, né messo in profitto l’arte del passato”. Questa affermazione fa capire a pieno l’anima di questo soggetto e la reale concezione di pittura e di arte realista seguita dell’artista francese. Il funerale ad Ornans, dunque, è un dipinto realista e allo stesso tempo un soggetto storico perché coglie, in una visione d’insieme, diretta, cupa e scioccante, la condizione umana, spirituale della gente di paese. Il dipinto è poi fortemente sintetico dal punto di vista formale; il colore nero ed il grigio terroso del paesaggio sembra assorbire ogni linea, ogni piccolo particolare aiutando a mettere in evidenza soltanto i singoli volti dei personaggi grandiosi ed umili protagonisti del dipinto quasi a voler negare il dato oggettivo e didascalico della realtà a favore di una visione soggettiva dell’avvenimento abbruttendo e deformando i volti per rendere l’accaduto ancora più reale. Guardando i ritratti e la struttura orizzontale e sintetica dell’opera si può capire che da un lato Courbet abbia voluto aderire sinceramente alla realtà, rimando il più oggettivo possibile al mondo esterno, ma dall’altro proprio attraverso una autonoma comprensione del mondo cerca di rappresentarlo con una sua propria sensibilità, puntando più sulla sintesi che sul descrittivo. Nel funerale ad Ornans si è mantenuto fedele alla fisionomia dei compaesani ritraendoli nei più piccoli particolari, ma ha dato un taglio sintetico, e perciò, personale alla realtà. La violenza espressiva di questa tela, inoltre, è aiutata dalla materia pittorica densa, corposa, terrosa che dà una visione più autentica del reale. L’aspetto materico della pittura courbettiana, quasi fisica della rappresentazione rientra nella particolare visione della realtà del pittore. La natura è vista come massa terrosa, pietrosa che porta lo spettatore ad una visione più reale ed immediata della scena dipinta. Questo particolare aspetto del linguaggio pittorico di Courbet non è una novità in arte, ma deriva dal suo studio dei pittori olandesi del Seicento e dal rapporto che questi avevano con la realtà, vista soprattutto dal punto di vista
tattile e concreto, unito all’uso crudo e violento del chiaroscuro di Velasquez e di Caravaggio che il pittore francese tanto amava.
biografia.Gustave Courbet è nato il 10 giugno 1819 a Ornans (Francia) da una agiata famiglia di coltivatori terrieri. Si è trasferito a Parigi nel 1841 con l’intento di studiare legge, ma decide di dedicarsi completamente alla pittura copiando i grandi maestri del passato. Nel 1844 realizza l’autoritratto Courbet con cane nero, accettato al Salon, una mostra pubblica annuale sponsorizzata dall’influente Accademia reale. I primi lavori di Courbet vennero esposti con successo nel 1849. In questo stesso anno visita la sua famiglia in campagna e dipinge due delle sue più grandi opere Gli spaccapietre e il Funerale ad Ornans Si reca in Germania nel 1856, nel 1859 è l’incontrastato leader del Realismo francese. Politicamente legato al socialismo prende parte ad alcune attività rivoluzionarie per le quali viene imprigionato per sei mesi nel 1871. Multato più di quello che avrebbe potuto pagare è costretto a fuggire in Svizzera dove more nella cittadina di La Tour de Peilz il 31 Dicembre 1877.
bibliografia essenziale
DARIO DURBÈ, Courbert e il Realismo francese, Fratelli Fabbri editori, Milano 1969.
ANTONELLO NEGRI, Il Realismo. Da Courbet agli anni Venti, Laterza, Bari, 1989.
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Ho letto la notizia su Courbet e mi ha fatto davvero piacere vedere che alcuni spazi vengono ancora dedicati al realismo.Un movimento che a gran parte degli atisti contemporanei sembra qulcosa di storico, di osoleto e non artistico. Se mi consentite questa è una pecca non solo di Exib, che a volte concentra in modo eccesivo la sua attenzione sulle nuove correnti e sull’arte contemporanea tralasciando le correnti improntate sulla realtà e sulla percezione diretta di essa, ma anche di gran parte della nuova arte.
Questo non vale solamente per il più grande realista di tutti i tempi (Courbet appunto) ma anche per quelle correnti che in tempi successivi si sono riproposte al pubblico, al popolo (e non alla critica) con tale approccio diretto, lampante e senza mediazioni. Artisti del Neo-realismo che per tale affronto all’assuefatta generazione dell'”assurdo” hanno trovato davanti a sé processi o incomprensioni (vedere Pasolini e compagni).
Ma non sto combattendo l’arte contemporanea che amo altrettanto, sto combattendo il fatto che movimenti come quello realista sono stati messi in soffitta e lasciati nascosti al grande pubblico (fatta eccezione dei grandi del ‘600).
Vorrei trovare qualcuno per approfondire tale argomento, qualcuno che ha seguito la “route Courbet”, è arrivato a Ornans ed ha visitato la sua casa natale. Qualcuno che davanti all'”Atelier dell’artista” al Museo d’Orsay ha riconosciuto gli amici ed i nemici dell’arte.
Forse per quel che vedo intorno a me si può dire tanto, all’infuori che il realismo sia stato messo in soffitta. Lo dimostrano sia le numerose mostre che organizzano con queste tematiche ed anche gli artisti contemporanei che lo praticano. Il fatto di avvertire alcuni artisti realisti come “obsoleti” è legato essenzialmente alla mancanza di “novità” del loro linguaggio, fortunatamente però non è per tutti valido e anzi, alcuni, riescono a dare delle forti emozioni proprio grazie al “realismo”.
Beh dire che il realismo non ha novità è come dire che ciò che ci circonda è costantemente una tavola piatta che non ci comunica la grandezza della vita e la sua misteriosa oscenità, come non riuscire a vedere nel “fuori” le bellezze (o come direbbe Courbet le “bruttezze”)dell’essere e del divenire che ci arrivano in corsa, tutti i giorni, travolgendoci.
E’ vero il realismo non ha novità stilistiche al suo interno ma perchè la novità è il suo rappresentare qualcosa di irraggiungibile, il provare a fare del momento qualcosa che può, ma non sempre vuole essere catturato: la luce, l’espressione di un volto nella sua stravolgente espressività, un cielo che sovrasta con le sue sfumature dei contadini al lavoro sono nei quadri di Caravaggio e di Velasquez ma anche nelle istantanee di Millet.
Per quanto riguarda la costante presenza di artisti realisti contemporanei sulle vetrine delle Gallerie d’arte, ti sarei grato se potessi indicarmele, visto che ovunque mi volti vedo solo esposizioni di astrattisti.
Contadini a lavoro nei quadri di Caravaggio!?! E’lo stesso Caravaggio che conosco anch’io?
Hai mai sentito parlare di un certo François Millet (ha dipinto un “quadretto” esposto al museo d’Orsay intitolato “L’Angelus”)?
Beh lui è stato un punto di congiunzione tra il realismo e l’impressionismo.
oooooo
odio storia dell’ arte con tutta me stessa!!!
bel sito cmq