30 settembre 2017

Italian Newbrow. Apocalittica

 
A Bologna LABS Gallery presenta la collettiva “Italian Newbrow. Apocalittica”, con l’intento di documentare un’area della pittura figurativa italiana caratterizzata da un forte anelito comunicativo e narrativo

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Si chiama “Italian Newbrow. Apocalittica”, l’esposizione curata da Ivan Quaroni nei suggestivi spazi di LABS Gallery a Bologna, con opere di Silvia Argiolas, Vanni Cuoghi, Paolo De Biasi, Laurina Paperina, Giuliano Sale, Giuseppe Veneziano
«Italian Newbrow – scrive Quaroni che ne è il teorico – registra la persistenza di un immaginario figurativo capace di attingere simultaneamente a una pluralità di fonti iconografiche, siano esse alte o basse, radicate nella cultura o nell’immaginario del mondo globale e connesso della contemporaneità».
Torniamo, quindi, a parlare di pittura figurativa italiana. Ogni autore partecipa, infatti, al percorso espositivo con un grande dipinto, realizzato per l’occasione, e con una selezione di lavori di piccole e medie dimensioni dell’ultima produzione. Completa la mostra, visitabile da questo pomeriggio, “How to kill the artists” di Laurina Paperina, ottavo episodio di una serie di animazioni in cui noti artisti contemporanei, da Ai Weiwei a Christo e Cindy Sherman, sono trattati con dissacrante ironia.
Il curatore introduce il suo testo in catalogo con un’avvertenza e, nel contempo, una chiave di lettura del suo progetto: «Non lasciatevi ingannare dal titolo, questa mostra non è sull’iconografia dell’apocalisse. Non ci saranno piaghe, pestilenze e catastrofi che annunciano l’imminente fine dei tempi e nemmeno dotte allusioni alla celeberrima raccolta di xilografie di Albrecht Dürer (Apocalisse, 1498). Molte sono, invece, le immagini critiche e problematiche che, da un lato, registrano lo stato di crisi della società odierna, dall’altro, attestano la ricostruzione di un linguaggio narrativo adeguato alla frammentata, e quanto mai distratta, sensibilità contemporanea».
Subito dopo, la riflessione di Ivan Quaroni prende le mosse da una domanda centrale, non solo nell’economia della collettiva odierna, ma più in generale nello scenario dell’arte contemporanea nostrana e non: a cosa serve oggi la pittura figurativa? Al termine di una breve quanto erudita disamina, il curatore non ha dubbi. Serve alla «creazione di valori durevoli, che sappiano raccordare la spinta creativa dell’individuo con gli stimoli che provengono dal mondo esterno, dalla dimensione sociale e culturale della società cui gli artisti appartengono».
E questa affermazione viene messa alla prova attraverso il percorso espositivo, che arriva ad assumere pertanto i connotati di una specie di prova ordalica. Che mi sembra ben superata. 
Silvia Argiolas, Vanni Cuoghi, Paolo De Biasi, Laurina Paperina, Giuliano Sale, Giuseppe Veneziano, praticano tutti una personale, controcorrente ricerca sulla vitalità della pittura, a patto che sia metafisica (cioè rivelatrice di informazioni disponibili a un tipo di fruizione antitetico a quella delle nuove tecnologie). Opponendola alla disinvolta e affrettata sciatteria e agli inutili e dilaganti cerebralismi di parte della produzione pseudoartistica dei nostri tempi. La loro laboriosa impresa pittorica, pur nella pluralità delle rispettive declinazioni, si colloca nell’alveo di una figurazione fondamentalmente complessa. A tratti perfino crudele e trasgressiva negli esiti. Il che non deve lasciar intendere un iter fondamentalmente “manuale”, ma al contrario essenzialmente “concettuale”. Rinunciando a ogni descrittivismo illustrativo, a ogni elegia da cantastorie, questi pittori 2.0 propriamente si riferiscono alla “pratica” della pittura come a un simultaneo guardare fuori e dentro di sé. Non solo alle apparenze del mondo, ma a quella cultura che tali apparenze traduce in sintesi metaforica. Così citazione e riflessione hanno la facoltà di ricreare nei loro lavori un nuovo linguaggio. Johann Wolfgang von Goethe diceva che: «Ogni buona idea è stata già pensata: bisogna soltanto cercare di pensarla un’altra volta». Già Giorgio de Chirico, rivisitando la pittura barocca, aveva compiuto la sua imitatio (differente) in chiave di citazione. Solo che de Chirico ne faceva una questione di stile, in totale polemica con l’arte del suo tempo. 
Oggi, invece, gli artisti di Italian Newbrow ripropongono soprattutto il problema della pittura figurativa e dei suoi valori. Arricchendo le rappresentazioni di una densità informativa che articola la complessa coralità dei particolari iconici e pittorici in un mondo in crisi come quello contemporaneo, e tuttavia vivo e palpitante. Proprio quando si assiste ormai da tempo al ritorno delle diseguaglianze e del dominio del più forte che fa nuovamente passare di moda la fiducia nella ragione. Quando le attuali rivoluzionarie scoperte scientifiche, tecnologiche e il relativismo etico che ne consegue mettono, giorno dopo giorno, in discussione le certezze e le abitudini acquisite; mentre il fervore religioso degenera nel fondamentalismo, nell’oscurantismo e in scontri tra civiltà con massacri sanguinari. (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto: Laurina Paperina, John Wayne and the pony, 2017, smalti all’acqua markers e spray su legno, 20×25 cm

In home: Giuseppe Veneziano, Petrifying Glance, 2017, acrilico su tela, 100×100 cm


INFO
Opening: ore 18.00
Italian Newbrow. Apocalittica
LABS Gallery
via Santo Stefano 38, Bologna
dal 30 settembre al 11 novembre 2017
orari: da martedì a sabato ore 16.00-20.00, oppure su appuntamento
www.labsgallery.it 

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