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14
ottobre 2017
Fino al 29.X.2017 Mythologies Palazzo Palmieri, Monopoli
altrecittà
Diciotto mitologie contemporanee immerse nelle luci e nelle ombre di un palazzo aristocratico e decadente. Il curatore, Roberto Lacarbonara, cita il testo del 1975 di Roland Barthes per fare emergere il ruolo “sociale e identitario” del mito in una collettiva con Valentino Albini, Francesco Arena, Corrado Bove, Gianni Caravaggio, Daniela Corbascio, Endri Dani, Flavio Favelli, Antonio Fiorentino, Andrea Francolino, Gaspare, Goldschmied&Chiari, Michele Guido, Irena Lagator Pejovic, Pierpaolo Miccolis / Claudio Panaro, Rebecca Moccia, Ornaghi&Prestinari, Luigi Presicce, David Reimondo.
Il percorso espositivo riempie o svuota lo spazio, lo annulla, lo esalta, con alcuni coup de théâtre in perfetta sintonia con lo spirito rococò di Palazzo Palmieri. Lo testimonia il Dedalo danzante (2006) di Corrado Bove. Appeso al soffitto di una stanza, ruota lentamente su stesso, proietta un’ombra lunga ed è inquadrato scenograficamente dalla cornice di una porta.
Molti degli artisti hanno lavorato in situ. Flavio Favelli ha prelevato un’insegna da una vecchia stazione di servizio nella periferia della cittadina pugliese e ne ha parzialmente coperto il simbolo che resta perfettamente riconoscibile. Oil è un’opera di sottrazione e ricollocamento con i ruderi di un colosso petrolifero, ma anche con i segni tangibili della crisi di molte aree industriali del sud d’Italia. La stazione di servizio è stata abbandonata anni Novanta e Favelli la indica già come un reperto archeologico che segnala il destino delle grandi industrie del petrolio. Il peso residuale è presente anche nell’installazione di Antonio Fiorentino che riempie una stanza del palazzo con un numero infinito di candele votive. Provengono dalle sagrestie delle chiese di Monopoli, tracimano oltre la porta ed emanano un profumo intenso di cera. Evocano la devozione popolare, con i suoi rituali processionali e penitenziali e con gli inevitabili rifiuti da smaltire. Adiacente al tutto pieno di Fiorentino c’è il vuoto della stanza dei Tessitori di albe (2008) di Gianni Caravaggio. Le mani dell’artista, sintetizzate nel giallo oro del travertino di Persia, tendono un lungo filo. Sono il segno di un nuovo inizio, in una linea che indica la ciclicità del tempo.
Michele Guido, Victoria Regia Project, 2008-2017, gesso, Ph Letizia Gatti
Michele Guido ha due coordinate fondamentali, lo stelo di una pianta, la Victoria regia, e il soffitto affrescato della grande stanza in cui ha allestito il suo giardino barocco. La natura mentale e disciplinata si configura sul pavimento e le sezioni del gambo della pianta sono tondini di gesso composti in un candido sviluppo di geometrie irregolari. Le mitologie di Guido sono dimensioni armoniche, risuonano in una metrica sempre perfetta che in questo caso si distende nello spazio riflettendo la leggerezza settecentesca.
I miti identitari sono raccolti nel salone nobile del Palazzo. Autoritratto (omaggio ad Alighiero) di Francesco Arena del 2016 è un’asta di bronzo alta come l’artista, ha in cima una fotografia e un bastoncino d’incenso che brucia. Cita l’Autoritratto “Mi fuma il cervello” di Boetti, trasforma l’autorappresentazione in un accostamento tra il peso della materia e leggerezza volatile del pensiero. La dimensione metrica e numerica risuona anche con il lavoro di Gaspare, realizzato nel 2013 quando l’artista ha compiuto trent’anni. Un filo nero lungo 30 metri si avvolge intorno a uno specchio obliquo e si ancora a terra legando l’individuo al tempo della sua vita.
Affiorano mitologie sacre del “cerchio sciamanico” di Pierpaolo Miccolis e Claudio Panaro e una certa magia ipnotica nel fuoco virtuale che brilla dentro un camino di Rebecca Moccia. Ai riti collettivi e popolari, alle pratiche esoteriche e massoniche, alla cultura contadina fanno riferimento le fotografie delle performance di Luigi Presicce, Dottrina Unica del 2011 nella Cava Henraux del Parco delle Alpi Apuane e La Custodia del Sangue nella Giostra dei Tori del 2012 Chiesa di Santa Maria Donnaregina a Napoli. E la complessità mitologica del mondo contemporaneo parla anche il linguaggio dei resti e delle memorie individuali nei frammenti dei muri provenienti dalla casa di Scutari di Enri Dani e nelle crepe pavimentali che Andrea Francolino ha rilevato nel suo viaggio da Milano a Monopoli. E poi c’è la questione tempo. Converte in carta senza valore le banconote inflazionate dell’ex Jugoslavia, che Irena Lagator Pejovic allinea sui bordi del pavimento, oppure scorre nelle insegne pulsanti e rosse di Daniela Corbascio (suo anche un omaggio a Chiara Fumai) mentre con Goldiechiari mette in atto meccanismi di rimozione e trasforma i luoghi delle stragi italiane in sfondi per ammiccanti playgirl o una discarica in una colorata scenografia per una ballerina carioca.
La mostra è sostenuta da CRAC Puglia – Centro Ricerca Arte Contemporanea ed è inserita all’interno della seconda edizione di PhEST – See Beyond the Sea, la Festa Internazionale della Fotografia dislocata negli spazi della città.
Marinilde Giannandrea
mostra visitata il 7 settembre
Dal 7 settembre al 29 ottobre 2017
Mythologies
Palazzo Palmieri
Largo Palmieri 14, 70043 Monopoli (Ba)
Orari: da martedì a domenica dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19
Info:www.phest.it