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numero 183 novembe 2002 Art e dossier
edicola
in copertina Tempo di festeggiamenti per la Transavanguardia. Ai cinque artisti – e al loro critico – promoter A.B.O – il Castello di Rivoli dedica una retrospettiva. E ottanta opere entrano a far parte della collezione permanente del museo...
A scanso di equivoci è la stessa Ida Giannelli – che del Castello di Rivoli è direttore e della mostra è curatrice – a parlarci di Transavanguardia (1979 – 1985) di scena negli spazi del castello dell’Arte Povera: lo fa in un articolo in cui tratteggia brevemente storia, fortuna (ma anche critiche accese e giudizi contro) e peculiarità stilistiche di Cucchi, Chia, Clemente, Paladino e De Maria, mentre glissa curiosamente su Achille Bonito Oliva liquidato in poche righe come inventore del felice neologismo.
Grandi mostre protagoniste nelle pagine del numero di novembre: da Van Gogh, ennesimo, annunciato top lot della Casa dei Carraresi di Treviso, all’Impressionismo Italiano a Brescia (a proposito scrive Renato Barilli, curatore), fino a Vanvitelli padre, finalmente protagonista in un allestimento al Chiostro del Bramante (l’introduzione è di fabio Benzi, direttore artistico dello spazio romano)…
È un’analisi quanto meno realistica quella che fa Marco Vallora, provando a spiegare il mito Van Gogh, o meglio la mitografia postuma che ha incollato inesorabilmente al pittore olandese il cliche di genio incompreso: in questo caso le lettere – non solo quelle arcinote al fratello Theo, ma anche le altre scritte agli amici pittori – sono una chiave rivelatrice per svelare alcune letture falsate. Per sapere, ad esempio, che al suo arrivo a Parigi Van Gogh non era poi così tanto spaesato e che – tempo dopo – invitò Gabriel-Albert Aurier – autore di una recensione entusiasta, pubblicata sul Mercure de France – a non scrivere più a proposito dei suo quadri. Perché, almeno così confidò al fratello, mi sento troppo disperato per fare fronte alla pubblicità..
Segnaliamo, tra gli altri articoli, quello di Alberta Gnunoli dedicato a Lewis Carrol fotografo, in mostra al MoMA di San Francisco: l’argomento è delicato, perché il papà di Alice nel Paese delle Meraviglie prediligeva come modelle fanciulle giovanissime e le immortalava in scatti sofisticati e non poco allusivi (agli occhi contemporanei e post freudiani). Senza pronunciare sentenze definitive, Alberta Gnunoli analizza il culto vittoriano per i tableaux vivant e l’assoluta (ma abbastanza ipocrita) certezza che i bambini fossero creature di altra innocenza, liberi da qualsiasi – anche latente – pulsione sessuale. Una certa ambiguità continua ad avvolgere le bambine – odalische ritratte da Carrol, protagoniste di un mondo irreale che potrebbe sconfinare da un momento all’altro nel morboso: non può salvarle dalla condanna nessun’altra difesa che non sia un tentativo di lettura e di comprensione.
Di Transavanguardia si parla anche nel dossier. Lo firma – non poteva essere quasi altrimenti – Achille Bonito Oliva.
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