23 novembre 2002

Follia no global a Venezia, “Palazzo Grassi deve pagare gli stipendi a Termini Imerese!”

 

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Ieri, 22 novembre, Palazzo Grassi, colpevole solo di avere le sue azioni nel portafoglio di società finanziarie di area Fiat, è stato oggetto di occupazione da parte di nuclei Disobbedienti (diretti da Luca Cesarini) del movimento no-global. Settanta buontemponi muniti di megafoni, mortadella e coperte per sopavvivere, sono attualmente asserragliati nel cortile e nell’ingresso del palazzo dove è allestita la mostra sull’antico Egitto. Seppur intenzionati a rimanervi finché la direzione non prenderà la decisione di devolvere un mese di incassi a vantaggio degli operai di Termini Imerese, gli occupanti hanno sgombrato l’area dopo circa 24 ore. L’azione di protesta si è consumata con un blitz pacifico, il primo di una lunga serie, secondo le parole di Casarini, che coinvolgerà tutte le proprietà degli Agnelli. L’iniziativa è stata appoggiata anche dall’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Venezia, Giuseppe Caccia, che ha sottolineato come Palazzo Grassi non è una fondazione culturale ma una s.p.a. controllata al 100% dal gruppo Fiat.

Mentre economisti e amministratori stanno effettuando pressioni verso la famiglia Agnelli affinché ponga in vendita i gioielli di famiglia (le assicurazioni Toro, le partecipazioni nelle centrali elettriche, l’editoria, la componentistica), l’idiozia no-global si scaglia contro uno dei pochi esempi di istituzione culturale privata in Italia. I Disobbedienti , con questa azione a sorpresa, si attaccano agli incassi mensili di un’istituzione culturale: un gesto simbolico e demagogico che però non toglie né aggiunge nulla ai gravi problemi esistenti e che nuoce solo alla cultura, facendola passare come inutile orpello che fa dilapidare risorse alle aziende. Dando un messaggio fondamentale: le imprese non possono e non devono investire in cultura.

Partecipe al dramma degli operai Fiat, la redazione di Exibart stigmatizza con decisione questi comportamenti. Nella speranza che la stoltaggine, anch’essa, sia istanza da non-globalizzare.

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[exibart]

9 Commenti

  1. Caro direttor Tonelli sarei curioso di sapere chi è la mente illustre (ha dimostrato di avere una concezione di micro/macro economia decisamente rivoluzionari) Le imprese non possono e non devono investire in cultura: solo il nostro John Nash nazionale ha capito questo dalla manifestazione dei disobbedienti, se almeno avesse letto il comunicato stampa edito da Casarini (portavoce, non leader) avrebbe capito la funzione puramente dimostrativa dell’azione che nulla aveva a che fare con la privatizzazione della cultura, non vi siete chiesti come mai a Palazzo Grassi e non al Guggenheim ?

  2. Ovviamente ogni articolo non firmato è da considerarsi come diretta emanazione della direzione della testata. E quindi del suo direttore editoriale. Come in tutte le testate, peraltro.

  3. la follia dei no global???
    vabbè…. tonelli. non credo serva dare dei folli a nessuno.
    la provocazione è paradossale ma va letta come tale. eppoi è anche bello ritrovare un mondo solidale.
    no mi diventerai come borghezio???

  4. Ragazzi, le cazzate sono cazzate. Che queste siano fatte da stupidi comunistelli o stupidi fascistelli. E il buonismo che ci porta ad affermare che non è igienico dar del folle a chicchessia lasciamolo a casa sua.
    Non lasciatevi traviare dalla politica che, per fortuna, qui non c’entra niente.

  5. Mi pare che questa azione dimostrativa palesi i limiti di questo movimento no global, al quale pure io mi richiamo nella critica al capitalismo attuale. A mio avviso non ha senso chiedere l’obolo alla Fondazione, per pagare una piccola parte dei salari degli operai di Termini Imerese. Altro senso avrebbe chiedere che siano assunti presso la fondazione o in altre attività del gruppo Fiat, al di fuori del settore auto, gli operai che sono in lista per il licenziamento. Ritengo infatti sia necessario inchiodare il gruppo Fiat alle proprie responsabilità, ma non in un’ottica riduttiva di “carità” verso gli operai. Occorre un piano serio di riconversione, anche della manodopera, e per far ciò non servono azioni “plateali” quanto inconcludenti dal punto di vista dei risultati concreti.

  6. condivido completamente l’analisi di bruno. anche perchè gli operai non credo abbiano bisogno di “carità”. credo inoltre sia molto offensiva come posizione e soprattutto sono altresì in grado di difendersi da soli.
    è giusto pensare che la fiat debba rendersi conto dei propri limiti e che comunque di “cappelle” ne ha fatte molte.
    il movimento ha dei limiti. è probabile.
    ma personalmente lo trovo diveretente.
    poi comunque i disobbedienti sono una parte del movimento. non generalizziamo.
    baci e abbracci

  7. In linea con quanto scrivono Bruno e Interno3,
    mi sorprende la preoccupazione contenuta nell’articolo, per l’azione di disturbo di un’Istituzione d’arte “Privata” – peraltro puramente dimostrativa e provocatoria dei no-global (per quanto non mi ritrovi con le posizioni dei suoi portavoce, ma questa è un’altra faccenda).
    Nessuno si sorprende che lo Stato debba intervenire con iniziative di sovvenzione alla Fiat ogni qualvolta minaccia licenziamenti.
    Eppure trattasi di un’Azienda “Privata”.
    Non mi riconosco nei toni semplicistici e sbrigativi della definizione dei no-global data dal direttore, dimenticando che si tratta comunque di un movimento che va oltre l’Italia, la quale non ha certo come portavoce il meglio delle menti “illuminate” del belpaese, ma sostenere anche che Palazzo Grassi e la politica non abbiano niente a che vedere mi sembra un’affermazione staccata da un’osservazione critica di ciò che accade nel nostro Paese, che non può non riguardarci tutti da vicino.

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