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Una si sposa e vive felice e contenta con il suo principe azzurro, una viene ammazzata perché troppo bella, una si suicida perché l’uomo dei suoi sogni sposa un’altra e all’ultima si spezza il cuore perché ha trovato la redenzione dai propri peccati. Quattro donne, quattro modelli di femminilità con i quali le bambine di tutto il mondo crescono: Cenerentola, Biancaneve, la Sirenetta e Scarpette rosse sono le protagoniste al Teatro Franco Parenti di Milano di “The Black’s Tales Tour” di e con Licia Lanera di Fibre Parallele, gruppo di punta della ricerca teatrale italiana.
Ancora prima che la sagoma di Licia Lanera, vincitrice del Premio Ubu 2014, si stagli in controluce, la sua voce metallica si espande nella sala: racconta di un sogno o di un incubo, dell’insonnia e del reale, dell’incapacità di distinguere le due dimensioni. Musica elettronica riempie lo spazio, finché uno spot si accende in fondo al palco delineando la sagoma della protagonista con il microfono impugnato come un pugnale. Vestita con un’attillato body nero di latex e alti stivali di pelle da biker, avanza con passo sicuro verso il pubblico salendo su un piccolo palchetto, e inizia a raccontare la storia della bambina che, dopo la morte della madre, è stata costretta a vivere nella cenere.
The Black’s Tales Tour, di e con Licia Lanera di Fibre Parallele
Questa Cenerentola rock svela la parte più buia delle favole: cosa c’è di reale in ogni racconto? Quanto e come ogni racconto ha plasmato l’immaginario collettivo, trasformando i sogni delle protagoniste della nostra infanzia in condizione di realizzazione sociale? Possibile che nel 2017 una donna sia ancorata a storie così antiche, che le alimentano ambizioni e aspirazioni di vita?
In un viaggio elettronico, suonato live dal musicista pugliese Tommaso Qzerty Danisi, in cui emerge il lato onirico e ossessivo più dark di Licia Lanera, che scrive interamente il testo, sembra di sì: la voce, il suono e il gesto si fondono creando una dimensione altra in cui sembra possibile una rivincita, in cui sembra che ci sia spazio per una modernizzazione del pensiero.
Ma alla fine le favole finiscono tutte allo stesso modo, un po’ splatter, già raccontate dai fratelli Grimm e da Andersen. Solo la forma cambia, le voci diventano mille, le luci si abbassano e la musica è martellante, ma la morale resta la stessa: ieri come oggi rimangono saldi gli stereotipi di una subalternità femminile superata solo in teoria, che tuttavia non lasciano spazio a una rivincita personale. Resta solo la desolazione di una conversione notturna con un’orata nel freezer in un finale sospeso e un po’ troppo autoreferenziale.
Giulia Alonzo
In scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 12 novembre 2017