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L’arte di Bruno Munari (Milano, 1907-1998) appare come un eccezionale compendio di scultura e industrial design, pittura e cinema, animazione e attività editoriale, grafica e didattica. Un lavoro a tutto campo, pertanto, che si è snodato lungo le principali tendenze artistiche del XX secolo, senza lasciarsi però mai intrappolare da una rigida adesione alle regole. Anzi, sempre dialogando con la libertà creativa dell’infanzia e con un uso sottile, quanto spregiudicato, dell’ironia. Tanto da guadagnarsi, già negli anni Cinquanta, il titolo di “artista totale”, o di “palombaro della fantasia”.
In tutto ciò Munari, una figura che a buon diritto potremmo definire “leonardesca”, ha saputo anche riflettere, non senza vertigini di utopia, sulle nuove responsabilità che l’avvento della società di massa hanno affidato agli artisti. Secondo lui, gli artisti contemporanei avrebbero dovuto abbandonare le ambizioni individualistiche per mettere il proprio talento al servizio della collettività. Ponendo chiunque nella condizione di comprendere i processi creativi e di avvalersene in prima persona. Quasi cinquant’anni fa, infatti, Munari si chiedeva: «L’arte, che un tempo era privilegio di pochi uomini sta diventando un’espressione possibile a ciascuno di noi? Si sta riducendo positivamente la distanza tra l’artista e l’uomo normale?». In realtà, guardando il panorama della scena artistica odierna, sembrerebbe proprio che si stia andando nella direzione opposta, e che la ricerca estetica ai nostri giorni sia tanto accessibile al pubblico quanto la lettura degli astri nell’antico Egitto al popolo. Ma questo discorso ci porterebbe molto lontano, e ci distoglierebbe dall’Opening di oggi. Che ci conduce, invece, dritti nel capoluogo meneghino, da MAAB gallery. Dove Gianluca Ranzi ha progettato un percorso espositivo per cercare di catturare, come in tanti, fulminei, flashback, l’identikit di un artista che, giovanissimo, ha partecipato all’avanguardia futurista. Quindi, insieme a Lucio Fontana, ha dominato la scena milanese degli anni Cinquanta-Sessanta. Additato tra i protagonisti dell’arte programmata e cinetica ma, in realtà, scampato con successo a ogni catalogazione o etichettatura per la molteplicità delle sue attività e per la sua grande ed intensa creatività.
In mostra, da MAAB, tra gli altri, appaiono i collages chiamati semplicemente Astratti (realizzati dagli anni Cinquanta ai Settanta) che, mentre ammiccano alle composizioni di forme e di colori fondamentali delle avanguardie storiche come De Stijl e il Suprematismo, di fatto ricalibrano pesi e temperature cromatiche, pieni e vuoti, sul filo di una delicata ironia e di una contrappuntistica musicale che ne fa emergere armonie e dissonanze. Il movimento, fisicamente presente già nelle opere di Munari tardo futuriste del 1930, diviene non solo una caratteristica cinetica dell’opera, ma un vero e proprio metodo operativo.
Come nella poesia, anche nella sue opere, poi, le pause e gli spazi vuoti arrivano a contare alla pari degli spazi pieni, tanto che le ombre assumono uguale importanza della luce. Le “Sculture da viaggio” (dal 1958) così si piegano e si ripongono in valigia, si rimontano in viaggio e cambiano il loro aspetto a seconda della persona che vi interagisce, mentre la “Sedia per visite brevissime” (progettata nel 1945 e realizzata da Zanotta nel 1991) rilegge con ironia il mito della funzionalità e della praticità a ogni costo ricercata dal design.
In alto: Bruno Munari, Scultura da viaggio, 1959, ottone, cm 36 x 59 x 17
In homepage: Bruno Munari. The game is on!, exhibition view, MAAB Gallery, 2017
INFO
Bruno Munari. The game is on!
dal 13 novembre al 21 dicembre 2017
MAAB Gallery
via Nerino 3, Milano
tel. 02 89281179 – www.artemaab.com