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La galleria di Veronica Veronesi in via del Porto, nella zona che gravita attorno al MAMbo da poco decollato con la nuova direzione di Lorenzo Balbi, presenta una mostra di Emilio Vavarella, non solo artista ma anche Ricercatore presso la Harvard University in Film and Visual Studies e Critical Media Practice. Come sempre nella storia di questa pur giovane galleria, questa esposizione ha un andamento minimalista cresciuto su un parterre intellettuale che spesso s’impone sullo stesso repertorio di forme e di opere in mostra. Da qui, un nucleo nevralgico del percorso incentrato su testi che hanno segnato la cultura contemporanea, da Ursula Keise a Giorgio Agamben, da Katherine Hayles a Mark B. N. Hansen a Eric Horl. Federica Patti, curatrice della mostra, scrive : “in RE-CAPTURE Vavarella presenta un insieme di processi trans mediali, opere costellate di misunderstanding e casualità in cui la forza generatrice dell’errore, soprattutto in ambito computazionale e ipertecnologico, apre a scenari estetici post-e non-human, oltre la prospettiva antropocentrica (…). Scardina la concezione comune di coscienza (creativa) resettando anche in ambito artistico le costruzioni pregresse circa il significato di artista e di opera, arrivando addirittura a confondere i ruoli.
Emilio Vavarella, Animal Cinema, 2017, frame video 4
Nelle rappresentazioni, raccontate secondo una tecnica narrativa costellata di deviazioni e proiezioni spesso iperboliche, lo spettatore è elemento secondario e l’autorialità dell’opera sfuocata: protagonista in scena è un’entità, in aperta correlazione con altre entità, indipendentemente dall’esperienza umana, secondo l’ontologia Object Oriented”. Dell’intervento di Patti cito queste poche righe, concentrato abbastanza intenso di molteplici problematiche. A partire dal protagonismo del “caso”, una vecchia conoscenza degli artisti di ogni tempo, rimarcato in chiave teorica solo nella contemporaneità, dalle avanguardie storiche fino a Francis Bacon e a Luigi Nono tra gli altri, e radicalizzatosi ora sullo scenario artistico della relazione uomo-macchina. E che dire delle vicende dell’autorialità, topos che a dire il vero altrove più che in questo caso, secondo una pratica molto diffusa viene negato nello stesso momento in cui viene affermato (siamo in attesa di mostre di anonimi, coerentemente prive del nome dell’artista). Ma in questa esposizione, si gioca davvero una bella partita. Condotta da differenti linguaggi, coagulati attorno ad un compatto territorio di pensiero, a partire da Animal Cinema, dove diversi cani si appropriano di una videocamera e generano risultanze visive tutte interne alla dimensione eterospecifica (e sarà qui necessario rammentare anche le teorie dell’etologo Roberto Marchesini). Per proseguire con The Other Shape of Things, che attraversa con leggerezza la Storia dell’Arte e compone con una stampante 3D, tesaurizzando scarti ed errori, una serie di piccole sculture raffiguranti un cranio, “cupola”, cerchio, archetipo dell’Architettura. Infine, Do you like cyber? Tripudio di voci autonome da imput umani, messaggi dei bot del sito Ashley Madison recuperati da Vavarella dopo l’hackeraggio del 2015.
Eleonora Frattarolo
mostra visitata il 20 dicembre
Dal 18 novembre 2017 al 20 gennaio 2018
Emilio Vavarella, Re-capture:Room(s) for imperfection.
Gallleriapiù, Bologna
Via del Porto, 48 a/b, 40123 Bologna
Info: http://www.gallleriapiu.com/