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Chiara Coccorese, con l’opera La Cura, si è aggiudicata, fra i 10 artisti finalisti selezionati su 90 concorrenti, la VI edizione di Un’opera per il castello, il concorso per giovani artisti promosso dal Polo museale della Campania e dal MiBACT, che prevede la realizzazione di un’opera site specific per Castel sant’Elmo.
Il 27 gennaio, l’opera – realizzata con i fondi del premio assegnato, di 10mila euro – è stata presentata al pubblico insieme al catalogo che documenta le biografie e le proposte di tutti gli artisti selezionati. L’opera entrerà a far parte della collezione permanente di Castel Sant’Elmo come è già accaduto per le opere vincitrici delle precedenti edizioni.
Questo lavoro parla con un’evidenza e un’immediatezza esemplare ma, poiché in questo concorso la selezione non avviene sulle opere ma sul progetto, fatto da immagini e dalla descrizione/relazione, questo elaborato ha un senso più concreto della consuete dichiarazioni di intenti e delle motivazioni di un autore sul proprio lavoro e val la pena leggerlo sul sito del Polo Museale, tra l’altro molto apprezzabile.
Coccorese ha proposto di rivestire il riposto interno di una delle garitte di vedetta sul ciglio della murazione. La scelta di uno spazio minimale per realizzare la sua idea piuttosto che proporlo sulla superficie esterna della calotta di copertura per una soluzione ben più evidente, come una cupola maiolicata, è una dimostrazione di lucida umiltà da apprezzare.
In un luogo nel quale la forza del paesaggio è totalizzante – quella dell’inaugurazione è stata una giornata radiosa su un golfo sfolgorante senza i gelidi venti invernali che solitamente spazzano il castello – l’opera riesce ad attrarre lo sguardo del visitatore con quel segreto luccichio colorato delle maioliche/mosaico che si intravedono oltre il varco della garitta. Entrando con difficoltà nel ridottissimo spazio, di meno di due metri quadri, si può valutare il senso di quell’immagine/astrazione della pianta del castello che segna ogni tassello e la qualità dell’esecuzione del rivestimento, nella coloritura delle tessere e nella cura dell’applicazione artigianale. Nei brevi istanti di una permanenza in quel rifugio, l’allegria della superficie a “mosaico” compensa l’angoscia del percepire la logica intrinseca di quel luogo militare che in tal modo viene definitivamente negata.
Fin qui, l’opera vincitrice e il suo valore ma è necessario un cenno – anche a costo di ripetere cose già dette in passato – al senso di questa iniziativa ormai consolidata, il cui merito va riconosciuto ad Angela Tecce e Claudia Borrelli, che andrebbe tuttavia proprio per questa costante conferma ancor più valorizzata. Il catalogo a corredo sostanziale del concorso, non è solo graficamente curato ma è soprattutto testimonianza e contributo operativo. Testimonianza che la scelta di base, l’opzione fondante del concorso che si progettino opere site specific, è intelligente e originale non solo in sé ma anche perché è motivata dalla particolarità del luogo e finalizzata alla sua promozione come luogo legato all’arte contemporanea come naturale estensione del Museo del Novecento.
E contributo operativo, perché questo di Castel Sant’Elmo è un complesso monumentale gigantesco dal valore intrinseco ma dalle caratteristiche che da una parte contribuiscono al suo fascino e dall’altro ne stabiliscono dei limiti: la scomoda accessibilità e la distanza dal centro che ne riducono l’attrattività, anche se offrono quel respiro che l’affermazione dell’agognata dimensione turistica sta spegnendo nel centro storico; alla configurazione stupefacente degli spazi scavati nel tufo e di quelli all’aperto si affiancano tuttavia una scarsa presenza di attività e di emergenze architettoniche e gli effetti delle difficoltà manutentive e gestionali. In questo quadro la prospettiva di rendere il castello un’esposizione permanente di opere contemporanee progettate specificamente per i suoi spazi, lo renderebbe un’eccellenza culturale di grande richiamo. Perché dunque non cogliere tempestivamente quest’occasione? Le altre opere presentate dai nove giovani artisti – che andrebbero tutti nominati e di cui buona parte sono del mezzogiorno – sono di elevata qualità e, dal catalogo e sul sito sopradetto, se ne può valutare appieno il valore e il senso per i quali meriterebbero di essere realizzate.
Il MiBACT certo non può assumersi anche quest’onere ma sarebbe possibile aprire un’altra procedura. Le opere sono state presentate in un concorso pubblico, con un bando regolarmente pubblicato; la giuria nominata è di grande qualità e valore composta da esperti e rappresentanti di pubbliche amministrazioni; la selezione degli artisti è formalmente approvata e corrisponde ad opere concretamente attuabili. Su questi dati normativamente inoppugnabili si potrebbe redigere e pubblicare un bando aperto per la scelta di operatori che propongano ipotesi compatibili di sponsorizzazione per dare realizzazione anche alle altre nove opere selezionate da collocare negli spazi del castello. (Giancarlo Ferulano)
In home e in alto: Chiara Coccorese, La cura. Foto di Alessandra Cardone