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Possiamo tranquillamente ammettere che tra Messico e Gran Bretagna sembrano non esserci tanti elementi in comune. Avete mai provato a versare del porridge in un burrito? Forse meglio non farlo. Questo però non vuol dire che non possa esistere un punto di contatto, magari semplicemente la cucina non è il luogo giusto. Potrebbe esserlo invece l’architettura ed è anche questa la sfida di Frida Escobedo, nata a Città del Messico nel 1979, scelta per progettare il Serpentine Pavillion del 2018. Era il 2000 quando la storica galleria Serpentine affidò a Zaha Hadid il primo progetto per la realizzazione di un padiglione temporaneo, da allestire nel verde prato di Kensington Garden, a pochi metri dall’austera sede della gallery, ospitata in un edificio risalente agli anni ’30 del 900 e progettato da James Grey-West. In 18 anni si sono susseguiti architetti come Rem Koolhaas, Olafur Eliasson, Peter Zumthor, Herzog & de Meuron con Ai Weiwei. Insomma, il red carpet dell’architettura, con una spiccata simpatia per i vincitori del Pritzker Prize. E infatti il Pavillion è diventato ormai un appuntamento immancabile, nel calendario del contemporaneo.
L’anno scorso fu chiamato il burkinabé Diébédo Francis Kéré, che si ispirò alle storie della sua terra d’origine, per un padiglione molto contemplativo, adibito anche a cucina, per gustosi scambi culturali. Un’idea piaciuta talmente tanto che la Serpentine ha deciso di rendere permanente la struttura di Kéré, che sarà allestita a Kuala-Lumpur, in Malesia, in collaborazione con la Ilham Gallery, una galleria locale specializzata in opere pubbliche. Se poi consideriamo che a maggio inaugurerà un altro padiglione in terra straniera, a Pechino, commissionato allo studio cinese Jiakun Architects, si misura la portata delle mire coloniali della galleria diretta da Hans Ulrich Obrist. In senso buono, ovviamente.
E anche questa volta si va fuori dall’Europa, in un Messico che, come molti Paesi ispanici, sta vivendo un periodo particolarmente fertile per la ricerca contemporanea. Escobedo si differenzia dagli altri nomi per la giovane età – ma Bjarke Ingels era di poco più grande – e anche perché è la prima donna, dopo Hadid. Il curriculum è di tutto rispetto, visto che i suoi lavori sono stati presentati in due edizioni della Biennale di Architettura di Venezia, nel 2012 e 2014, alla Triennale di Architettura di Lisbona, nel 2013, e alla Biennale di Architettura di Chicago, nel 2015. In Messico ha ristrutturato la Biblioteca Octavio Paz, a Guadalajara, e il museo La Tallera, a Cuernavaca, mentre recentemente ha lavorato a un progetto di edilizia sociale, nella zona rurale di Taxco. E ha anche già esperienza del capriccioso clima inglese, per la costruzione di una struttura effimera nel cortile del Victoria & Albert Museum.
Per il suo nuovo padiglione, che aprirà il 15 giugno, Escobedo combinerà alcune suggestioni dell’architettura domestica messicana, come le pareti composte da tegole accatastate, con elementi tipicamente britannici. «Il mio progetto si ispirerà alla composizione materica e storica di Londra. Al centro vi sarà l’idea di esprimere il tempo attraverso l’architettura, con l’uso inventivo di materiali d’uso quotidiano e forme semplici», ha spiegato. (mfs)