13 dicembre 2002

exibinterviste la giovane arte – Eleonora Chiesa

 
Giovanissima, intraprendente e con un background assolutamente sui generis: questa settimana Exibart vi propone un’interessante chiacchierata con Eleonora Chiesa, genovese d.o.c…

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Eleonora Chiesa è un’artista giovanissima con una storia curiosa. Come hai cominciato la tua ricerca?
La mia formazione artistica è da autodidatta, nasce da una passione molto forte che porto avanti da anni. I miei studi sono apparentemente molto lontani dall’arte, sono diplomata in elettronica e telecomunicazioni. In realtà però il mio campo di ricerca attuale fa convivere queste due passioni, perché sono molto interessata ai nuovi media.

La tua preparazione di tecnica informatica in che rapporto è con la tua espressione artistica?
Il mio lavoro nasce in genere come ricerca multimediale. È un work in progress, le mie composizioni sono il risultato di un lavoro progettuale che mescola diverse tecniche e strumenti di comunicazione.

Sei partita dalla pittura e dal collage ma ora sembri più coinvolta da altre esperienze, soprattutto quelle che possono implicarti in primaeleonora chiesa persona e che porti “in prima linea”. Cosa ti appassiona di più ora?
È vero, la mia area d’azione attuale è quella delle installazioni, dei video e delle performance, dove posso anche confrontarmi con la mia formazione teatrale. Ma non credo che la coerenza ad una tecnica o ad uno stile specifico debbano diventare un limite, mi piace sperimentare e proteggo la mia libertà di poter continuare a farlo…

Come nascono le tue performance? Perché la scelta di questo mezzo, che ti pone direttamente, fisicamente a contatto con il pubblico?
Parto sempre da un concetto, definisco un pensiero, cerco di focalizzarlo meglio, tento di analizzare le sensazioni che mi provoca, gioco a dar corpo e suono ad una mia situazione interiore di conflitto…
Concepisco la scena e l’azione di una mia performance usando un linguaggio indiretto, simbolico.
Le azioni che progetto potrebbero definirsi installazioni a termine, con un inizio e una fine; interventi dinamici fortemente incentrati comunque sulla forma e supportati dall’elemento sonoro. Compongo un set, una scena.

E a questo punto entra in scena il video: la tua arte è spesso fortemente legata ai mezzi di comunicazione di massa. Cosa pensi del rapporto tra la visione e la percezione reale e quella riprodotta dai mass media e da digitale, fotografia ecc.?
Durante la performance tutto viene ripreso e fotografato. Telecamera e macchina fotografica lavorano diversamente. Il video interagisce direttamente con l’azione. La macchina fotografica crea una testimonianza, una documentazione.
eleonora chiesa
Il tuo lavoro, così connotato politicamente, sembra voler riportare violentemente alla realtà proprio attraverso mezzi che allontanano la realtà oltre lo schermo. Questo paradosso è parte integrante della tua ricerca o è solo un effetto collaterale? E tecnicamente, come procedi?
La regia delle riprese la definisco preventivamente, più semplicemente, faccio un piccolo “story board”, con un taglio delle immagini abbastanza macro, che non riprende mai la scena totale, bensì ne evidenzia alcuni particolari.
Realizzo un video in presa diretta contemporaneamente mostrato al pubblico su dei televisori o su un proiettore durante il suo svolgimento.
Mi piace pensarle come relazioni visive a circuito chiuso.

Dai video delle tue performance, nascono spesso altre opere fotografiche. Come ti rapporti con un mezzo e con l’altro?
La macchina fotografica serve a lasciare una testimonianza oggettiva della situazione e le foto che rimangono hanno una funzione documentaristica.
In seguito riguardo il video nato direttamente dalla performance scorrendo i frames con il fermo-immagine e scegliendo quelli più significativi per comporne una serie.
Questi fotogrammi non si possono definire delle vere e proprie opere se staccate dal contesto che le ha generate, ma parti, tracce estetiche di un lavoro d’insieme.

Quindi la tua attenzione per la fotografia è più concettuale che estetica?
Uso la camera come mezzo espressivo, in quanto non posso assolutamente definirmi una fotografa.eleonora chiesa
Le foto che ottengo, le elaboro al computer effettuando delle dicotomie dell’immagine e accentuandone alcune caratteristiche per rafforzarne l’efficacia. I soggetti delle mie foto sono autoscatti, e in fondo potrebbero definirsi come performance private, o situazioni molto legate al personale.

Nella tua ricerca, infatti, sembra che convivano con pari intensità l’interesse per la politica e il sociale e un’attenzione molto poetica, intima, per la vita personale. Credi che questi due aspetti possano rappresentare l’uno la metafora dell’altro?
Credo purtroppo che stiamo vivendo un contemporaneo abbastanza tragico… La nostra società è basata sull’immagine e nonostante i venti di guerra o le vittime che ogni giorno soccombono tutto continua a luccicare… Penso che questa situazione drammatica e grottesca inevitabilmente si rovesci più o meno direttamente sugli animi di tutti.
Sto curando un progetto in progress, “home project”, composto da foto scattate solo all’interno di casa mia, sul tema dello stato emotivo ed intellettuale dell’uomo occidentale post-moderno nel proprio privato quotidiano .

E a proposito di rapporto tra pubblico e privato, qual è il tuo rapporto con la televisione?
Io vedo la televisione come principale rappresentante dei media: la società del nuovo millennio è la società dell’immagine e della comunicazione, ma questi due fattori vengono spesso, troppo spesso usati dal sistema economico per fornire sottocultura camuffata da intrattenimento.
Viviamo in una realtà alterata, mascherata dalle facciate effimere del finto benessere che la società mediatica proietta a martello nelle nostre menti, ma dietro tutto questo le vittime prodotte questo modello di globalizzazione continuano ad essere migliaia, ogni giorno.

Tu sei nata, vivi e lavori a Genova: com’è la situazione dell’arte giovane nella tua città?
Credo ci sia troppo poco spazio informativo e fisico per l’arte contemporanea a Genova. Credo che comunque ci sia una crisi abbastanza generalizzata nel mondo dell’arte, non solo qui.
Scarseggiano anche le basi culturali fornite dalla scuola per entrare in un’ottica contemporanea delle arti visive.
E a Genova c’è poca attitudine al nuovo soprattutto per quanto riguarda la sperimentazione e le contaminazioni, tipicamente proprie dell’arte giovane e in movimento…

E progetti per il futuro?
Ho in cantiere la presentazione di una nuova performance in febbraio alla video gallery El Aleph di Roma, spazio nato da un’iniziativa di creafilm.com produzioni. È un lavoro in collaborazione con Marco Caratozzolo, un giovane compositore digitale che curerà la parte musicale e la realizzazione del video che verrà proiettato durante la performance.

Bio
Eleonora Chiesa (Genova, 1979), vive e lavora a Genova. Nel 2001 ha esposto in occasione della mostra conclusiva del workshop “Storie di città” curato da Roberto Pinto presso il Centro della creatività a Palazzo Ducale a Genova ed alla collettiva “Il peso del virtuale” nell’ambito del “Progetto Maionese 2002 ricerca sulla creatività femminile”, a cura di Tiziana Conti, alla Galleria En Plein Air di Pinerolo (TO). La sua prima mostra personale è del marzo 2002, “dadaunderground” presso Ellequadro documenti a Genova, con testi critici di Tiziana Conti e Giorgio Bonomi, mentre in agosto ha presentato il suo lavoro “Box emozionale” presso lo spazio Artsaloon contemporary e video performance urbana ad Albissola Marina (SV), invitata dall’Associazione culturale Arteam con il patrocinio del Comune .
In questi giorni, un suo lavoro è al Museo di Palazzo Trinci a Foligno per “Un viaggio nel diritto all’immagine”, progetto ideato dall’associazione culturale Wunderkammern di Roma.

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valentina caserta

exibinterviste-la giovane arte-è un progetto editoriale a cura di paola capata

[exibart]

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