29 aprile 2018

Made in Italy, futuro e futurismo

 
Aperta ufficialmente, alle porte di Bologna, la Fondazione Massimo e Sonia Cirulli. Tra racconti di modernità, e idee per il domani

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Nel marzo del 1915, quando la Grande Guerra era già in corso, ma l’Italia si manteneva ancora neutrale, Giacomo Balla e Fortunato Depero firmano il manifesto Ricostruzione Futurista dell’Universo nel quale, con baldanzoso ottimismo, dichiarano di voler «Ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente». A questo manifesto, fondamentale per i successivi sviluppi del Futurismo, è ispirato il titolo della mostra “Universo Futurista” (fino al 18 novembre 2018), con cui il 21 aprile la Fondazione Massimo e Sonia Cirulli ha aperto al pubblico la propria sede a San Lazzaro di Savena, lungo la via Emilia, alle porte di Bologna.
La sede della Fondazione è un magnifico edificio di impronta razionalista (ma con suggestioni dall’edilizia rurale emiliana), bianco, dalle forme squadrate, composto da un piano terra, un mezzanino e un primo piano, progettato nel 1960 da Achille e Pier Giacomo Castiglioni come laboratorio creativo per l’imprenditore e designer Dino Gavina (1922-2007). E nell’edificio, appena restaurato, la presenza del primo proprietario aleggia ancora evocata, all’esterno, da un isolatore elettrico proveniente dall’allestimento del padiglione del Giappone alla XI Triennale di Milano (1957) e all’interno da alcune grandi “maschere” sagomate che Gavina utilizzava per la produzione in serie dei fiori futuristi di Balla. 
Tra gli iniziatori dell’industria italiana del design e del mobile, Gavina è ormai un’icona dell’Italian Style nel mondo. E i coniugi Cirulli (lei di Riccione, lui di Bologna) sembrano intenzionati a raccoglierne l’eredità nel senso di proseguire, tramite la Fondazione, istituita nel 2015, il compito di valorizzare e promuovere lo stile italiano. 
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Fondazione Massimo e Sonia Cirulli Foto di Simone Nocetti

Del resto da più di trent’anni, da quando nel 1984 fondarono a New York il «Massimo & Sonia Cirulli Archive», i Cirulli si occupano di raccontare il Made in Italy, dalla nascita della Modernità fino al boom economico, in pratica dal 1900 al 1970, attraverso i materiali della loro ricca collezione (alcune migliaia di pezzi per un centinaio di artisti) che spazia tra pittura, scultura, arti decorative, architettura, grafica pubblicitaria, moda, design, fotografia, libri, riviste, documenti e molto altro ancora.
Tornando alla preziosa e bella mostra inaugurale, curata da Silvia Evangelisti e Jeffrey T. Schnapp, “Universo Futurista” illustra alcuni motivi centrali del movimento di Marinetti come il culto della velocità, il tema dell’energia o la conquista dell’aria. 
L’immaginario legato al volo, sul quale la mostra si sofferma particolarmente, è raccontato in modo spettacolare attraverso materiali raffinati e disparati. Incontriamo, ad esempio, un inatteso disegno di Boccioni del 1913 che raffigura la Vittoria di Samotracia (sì, proprio la statua alata alla quale Marinetti nel manifesto fondativo del Futurismo aveva preferito l’automobile da corsa). Poco distanti tre coloratissimi dipinti di Osvaldo Licini ricordano la sua adesione al futurismo, quando nel 1914 squadernava sulla tela mirabolanti vedute dall’alto di città. Ma su tutto dominano, nel salone al piano terra, gli enormi manifesti che pubblicizzano la leggendaria impresa della crociera aerea transatlantica organizzata da Italo Balbo nel 1933, con destinazione l’Esposizione Universale di Chicago. E ancora vediamo alle pareti fotomontaggi di Bruno Munari per la rivista «Ala d’Italia» o le aerovedute del fotografo Filippo Masoero. Sempre per dar conto della varietà: sono esposti i mobili di un salotto in radica di noce progettato e realizzato per Italo Balbo e l’elica di un biplano degli anni Venti proveniente dalla famiglia di Gianni Caproni, uno dei grandi pionieri dell’aviazione italiana, di cui i Cirulli possiedono parte dell’archivio. 
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Universo Futurista Courtesy Fondazione Massimo e Sonia Cirulli Foto di Simone Nocetti

Naturalmente l’elenco degli artisti presenti in mostra potrebbe continuare a lungo, da Balla a Russolo, da Depero a Prampolini, da Sant’Elia a Virgilio Marchi, spaziando tra sculture, vasi, pubblicità, cartoline, medaglie, e via dicendo, ma conviene giusto segnalare che tre opere provengono invece da altre istituzioni, in particolare il dipinto di Ernesto Thayat, Il grande nocchiere (1939) è in prestito dalle raccolte del collezionista e mecenate americano Mitchell Wolfson Jr., amico dei coniugi Cirulli, con i quali condivide un’attitudine  simile a documentare e raccontare la storia italiana (ma degli anni 1880-1945).
Infine una sezione “satellite” dell’esposizione, con opere e documenti sempre provenienti dalla Fondazione Cirulli, è ospitata dalla Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, fino al 10 giugno. Accompagna la mostra un catalogo (Daniele Ledda, studio XYcomm di Milano) con i contributi dei curatori Evangelisti e Schnapp, e di Pierpaolo Antonello, Nicola Lucchi, Ara H. Maerjian e Marco Sammicheli, ossia dell’intero comitato scientifico della Fondazione.
Flavia Matitti

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