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La visita di Nicolas Maduro alla Biennale d’arte di Venezia è imminente e, in tutta risposta, Nina Dotti ha inscenato una performance di protesta. Per Io sono il Venezuela e ho diritto di, l’artista Nata a Caracas nel 1968 e attualmente a Miami ha disseminato la Laguna di codici QR che rimandano a diversi video di protesta contro il presidente venezuelano.
Insomma, se di tempi interessanti doveva parlare la 58ma Biennale, bisogna dire che le promesse del curatore Ralph Rugoff sono state mantenute. Questa edizione, infatti, ha messo in campo, in maniera più o meno consapevole ma del resto nulla succede per caso, diversi temi percepiti come urgenti dall’opinione pubblica, suscitando accese discussioni tra cronaca e arte. Per esempio, il grande argomento della migrazione e le sue modalità di rappresentazione, con Christoph Büchel che, per l’installazione Barca nostra, ha portato, sulla terra dell’Arsenale, la nave in cui morirono 700 migranti nel canale di Sicilia.
Oppure, appunto, la controversa situazione politica e sociale del Venezuela, con il Padiglione ai Giardini rimasto tristemente chiuso durante i giorni della vernice, dall’8 al 10 maggio. Alla fine, il padiglione progettato da Carlo Scarpa aprì il 19 maggio, anche a costo di tanti sacrifici da parte degli artisti, Natali Rocha, Gabriel Lòpez, Ricardo Garcia e Nelson Rangel (che non riuscì a partecipare alla presentazione), del curatore Oscar Sottillo Meneses e di tutto lo staff.
Le motivazioni di questo ritardo, sono state spiegate da Ernesto Villegas, ministro della cultura venezuelano, nel corso dell’inaugurazione: «La persecuzione finanziaria contro il Venezuela preparata dal governo imperialista degli USA e dalle sue filiali europee non fa distinzione fra diritti culturali, diritti sociali e la vita stessa. La politica di sanzioni ha reso difficile la possibilità per il Venezuela di essere presente in vari momenti culturali internazionali. Quello che dovrebbe essere normale si trasforma in un’odissea».
«Vorremmo essere una rete di voci in difesa dei diritti umani dei venezuelani», ha affermato Dotti, che evidentemente giudica la storia da un altro punto di vista e ha presentato anche un manifesto per un “Venezuela in democrazia”, chiedendo «la fine della usurpazione, un governo di transizione e libere elezioni» nel Paese sudamericano. Non è la prima volta che l’artista realizza un’azione di protesta durante la Biennale d’Arte di Venezia. Nel corso della precedente edizione, nel 2017, ha messo in scena un flash mob sul Ponte degli Scalzati e alle porte della stessa Biennale, con decine di italo-venezuelani che hanno protestato pacificamente per attirare l’attenzione dei turisti e denunciare la crisi umanitaria che il Paese stava già soffrendo in quel momento.
Intanto, la situazione sta diventando sempre più tesa. Pochi giorni fa, il Sistema di Comando di Difesa Aerospaziale Integrale della Fuerza Armada Nacional Bolivariana ha intercettato un velivolo spia appartenente agli Stati Uniti mentre sorvolava il territorio venezuelano senza alcuna autorizzazione, violando i trattati internazionali. L’areo è stato poi scortato al di fuori dei confini. Anche Maduro ha rincarato la dose, parlando in nome del Movimento dei Paesi non Allineati e facendo riferimento a «una nuova geopolitica di pace e fratellanza», contro «una guerra non convenzionale che mira a destabilizzare e smembrare il Venezuela».
Ma qualche nodo sembra sciogliersi, con le forze antagoniste che stanno tentando la strada del dialogo. I rappresentanti di Nicolas Maduro e del liberale Juan Guaidò, sostenuto dagli Stati Uniti e proclamato presidente ad interim dall’Assemblea Nazionale per aprire un contenzioso con lo stesso Maduro, si sono incontrati alle Barbados per avviare dei colloqui di pace, promossi dalla Norvegia, allo scopo di risolvere la crisi economico-politica del Paese. Nella cui ipotetica risoluzione, però, intervengno interessi internazionali incredibilmente intricati e ramificati, dai crediti maturati da Russia e Cina negli ultimi venti anni e che appoggiano Maduro anche per la speranza di riscattarli, alle manovre dell’Italia, che promette genericamente sanzioni ma che continua a fare affari con la nazione sudamericana, grazie all’intermediazione del manager Valerio Antonini che, secondo quanto riportato da alcune fonti, pare abbia sottoscritto molti contratti per la vendita di cereali e la gestione dei silos del principale porto venezuelano. (mfs)