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fino al 13.VII.2003 L’Italia d’Argento – 1839/1859. Storia del Dagherrotipo in Italia Firenze, Sala d’Arme di Palazzo Vecchio
toscana
Nel 1839 Daguerre consegna alla storia un’invenzione che darà una svolta alla cultura dell’immagine e alla tecnologia della sua riproduzione. Il successo e le evoluzioni del Dagherrotipo in una straordinaria mostra. Griffata Alinari…
Nel gennaio 1839, a Parigi, viene presentato ufficialmente il dagherrotipo. La lastra di rame argentato proposta da Jacques-Louis Mandé Daguerre dà finalmente una svolta agli innumerevoli esperimenti che, in giro per l’Europa, si prefiggevano di fissare in maniera definitiva l’immagine prodotta dalla luce nella camera oscura. La notizia dell’invenzione fa presto il giro del mondo. Anche se l’abilità e la spesa che il procedimento richiede preoccupa non poco, il dagherrotipo riscuote subito un successo che durerà almeno fino al 1860. Daguerre, su ordine del governo francese, dà dimostrazioni pubbliche sull’utilizzo delle macchine fotografiche, che ben presto vengono prodotte anche di piccole dimensioni e vendute a minor costo.
I primi dagherrotipi rappresentano per lo più vedute paesaggistiche e monumenti architettonici: i tempi di esposizione sono ancora troppo lunghi per fissare sulla lastra persone. Nello stesso anno si utilizza, per la prima volta, il dagherrotipo per stampare incisioni e acquetinte, attuando così una vera e propria rivoluzione: l’immagine non è più soltanto fissata in maniera definitiva, ma può essere anche riprodotta.
Famosi e affascinanti sono i racconti dei primi viaggi di reportage narrati in tutti i manuali: su commissione di Lerebours, archeologi e non, si avventuravano ovunque con tutta l’apparecchiatura necessaria. L’Egitto, la Grecia e mille altri luoghi furono fissati su lastra ed esibiti alla popolazione. Il giro del mondo era ormai alla portata di tutti.
Alla fine del 1840 è possibile realizzare i primi ritratti, e da allora il dagherrotipo si diffonde capillarmente creando un vero e proprio fenomeno totale. Nascono ovunque veri e propri studi di ritrattistica, dove persone di ogni ceto e categoria posano davanti alla macchina fotografica per un mezzo minuto interminabile. I ritratti più belli risultano penetranti e misteriosi, carichi di un’atmosfera che solo il dagherrotipo dona alla vista.
Quando ci si trova di fronte a un dagherrotipo non si può fare a meno di osservarlo attentamente, studiarne i dettagli, cercare punti di vista differenti. Questo specchio dotato di memoria, come amò definirlo Beaumont Newhall, ha infatti in sé la compresenza di due caratteristiche quasi ossimoriche: un intenso nitore dei dettagli e un’indefinita spazialità dovuta alla superficie specchiata della lastra.
La mostra, dedicata ai primi anni della fotografia in Italia propone un percorso esauriente sulla storia del dagherrotipo. Con i suoi 120 pezzi, riunisce per la prima volta un numero importante di esemplari. Data anche la natura unica e irripetibile di ogni singolo dagherrotipo questo evento rappresenta indubbiamente un’occasione imperdibile.
L’allestimento permette un’osservazione attenta, curiosa, e presenta ogni lastra con il suo bizzarro astuccio o con la sua cornice originale, in modo da avvicinare lo spettatore al mondo che sta scrutando attraverso l’immagine.
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A cura di Maria Francesca Bonetti e Monica Maffioli
Firenze, Sala d’Arme di Palazzo Vecchio
Tutti i giorni 10-20
Ingresso 6 euro
055 2768454
Catalogo Alinari, prezzo in mostra 40 Euro
Autori: Charles Henry Favrod, Monica Maffioli, Luigi Tomassini, Maria Francesca Bonetti
ufficio stampa Alinari: 055 2395207, rosa@alinari.it
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