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Lussemburgo a sorpresa
biennale 2003
Il padiglione del piccolo stato mitteleuropeo è nascosto nelle calli tra San Samuele e il Ponte dell'Accademia. Così nascosto che nessuno pare averlo visto, Exibart invece c'era. Vediamo cosa presentava il padiglione che ha vinto il Leone d'Oro alla Biennale. E ricapitoliamo gli altri premi assegnati...
Uno dei padiglioni più fuori mano di questa Biennale. Così nascosto da doversi servire di un ossessivo attach murale di indicazioni e freccine, meno raggiungibile dei padiglioni di Macedonia, Iran o Kenya, giusto per fare esempi estremi.
Nonostante ciò, la rappresentanza del Lussemburgo ha vinto il Leone d’Oro assegnato alla Miglior partecipazione nazionale con una motivazione che beffardamente così si conclude “…Il luogo stesso in cui il padiglione del Lussemburgo è collocato mette in dubbio che siano necessari padiglioni nazionali di grandi dimensioni“.
L’opera presentata in Ca del Duca è firmata da Su-Mei Tse, trentenne, sintesi essa stessa di un coacervo di stimoli. E’ nata a Lussemburgo, vive a Parigi, è di origini Cino-Britanniche e parla, come lingua madre, il tedesco. Ha una formazione bicipite che affonda le radici in egual modo nell’arte visiva e nella musica (è diplomata al conservatorio come violoncellista).
Appena la giuria presieduta da Salvatore Settis si è espressa ed ha annunciato i vincitori di questa cinquantesima Biennale d’Arte, i commenti ironici si sono sprecati. L’installazione della Tse s’intitola infatti air conditioned e non poteva esserci niente di più azzeccato nell’ambito della vernice biennalesca più afosa del secolo. Ma vediamo rapidamente di cosa si tratta, in attesa della vera recensione che pubblicheremo nei prossimi giorni.
Air conditioned è una lucida riflessione dell’artista sui temi della memoria, della musica, del tempo e del ritmo. In una delle due videoinstallazioni un esercito di spazzini (sono quelli della nettezza urbana parigina) agiscono ossessivamente sulla sabbia di un deserto, le loro divise e la ramazza fluorescente richiamano il video allestito nella stanza accanto. Qui l’artista stessa suona il suo strumento, il violoncello, in un ambiente bucolico tinto di un verde irreale (L’Echo, 2003). Il suono dello strumento pervade tutto lo spazio del padiglione tanto che poco lontano è allestita una vera sala d’ascolto, per consetire a chi ne abbia voglia di percepire il (non)suono nella sua massima purezza. [E:r] conditionné (‘Aria condizionata’ nell’alfabeto fonetico francese) è la scritta al neon bianco che accoglie i vistatori/ascoltatori all’entrata del padiglione. Un preciso e pulito intervento artistico. Un curioso esperimento sensoriale che ammicca continuamente al pubblico con l’obiettivo di farlo partecipare interattivamente al progetto stesso. Il padiglione lussemburghese porta via con merito, a nostro parere, la palma del migliore al favoritissimo padiglione danese. La giuria si è dimostrata in questo caso indipendente dalle ovvie influenze culturali e politiche che non possono non essere presenti in una manifestazione come la Biennale.
Vediamo gli altri premi. Il Leone d’Oro per la migliore opera esposta (Mostra internazionale) è assegnato a gli svizzeri Fischli e Weiss a riconoscimento di un lavoro onirico ed elegante (forse anche troppo, hanno pensato in molti) che dura con coerenza da anni.
Il Leone d’oro per un artista sotto i 35 anni (Mostra internazionale) è assegnato a Oliver Payne e Nick Relph, che nel baillame quasi indecoroso della mostra Stazione Utopia francamente non sono certo saltati all’occhio.
Il Premio per la giovane arte italiana, invenzione quantomai infelice del Governo, è assegnato ad Avish Kheberhzadeh, che naturalmente italiana non è. Se si fosse guardata esclusivamente la qualità il premio sarebbe stato agilmente appannaggio di Sara Rossi (che presentava un nuovo video), ma a quanto pare…
Ricordiamoci, per concludere, che i due Leoni d’Oro alla Carriera erano stati già assegnati ai maestri piemontesi Michelangelo Pistoletto e Carol Rama.
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massimiliano tonelli
[exibart]