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architettura_giovani Tra instabilità e radicamento
Architettura
Michele Moreno e Giovanni Santamaria, due giovani architetti itineranti, propongono alla 50esima Biennale di Venezia un connubio vincente fra arte e architettura. Forme fluide per una lettura critica di quei luoghi del silenzio e delle pause che si rendono oggi più che mai rari dunque urgenti…
Si stanno facendo strada, lungo percorsi accidentati, alla ricerca di una nuova dimensione “poietica”. I nomi di due giovani architetti laureati con Franco Purini allo I.U.A.V. sono Michele Moreno e Giovanni Santamaria.
Blurred zones trilogy è la loro ultima creazione realizzata con Raffaella Laezza, ed esposta all’interno di Utopia Station call to partecipate alla 50. Biennale d’Arte di Venezia: pochi minuti di video architettura, ma intensi per qualità ed esperienza emotiva.
I due giovani architetti hanno partecipato a numerosi concorsi internazionali ricevendo menzioni e riconoscimenti come il primo premio per il Concorso Internazionale Ephemeral Structures in Athens, Open-Air Theatre, presentato alla mostra Athens-scape The 2004 Olympics and the Metabolism of the city al RIBA Gallery of London. Nella giuria erano presenti Zaha Hadid, Elias Zenghelis, Hani Rashid, Yatsuka Hasime, Sylvia Lavin, Claudio Baldisseri.
La ricerca trasversale del fare architettura di Moreno e Santamaria parte dalla conoscenza del passato e da esso si distacca per diventare altro. Reinterpreta e destabilizza il modello geometrico cartesiano per abbracciare una ben più intima relazione territorio-uomo, linguaggio-senso. La chiave di lettura della profondità delle questioni è nella tensione verso una nuova e densa formulazione linguistica. La ricerca coinvolta nell’inarrestabile fluidità della mutazione, nella complessità plurale propria della dimensione contemporanea, ne adopera metodologie investigative ed espressive. Per una lettura e reinterpretazione critica di quei luoghi del silenzio e della pausa, dell’attesa e della penombra, che si fanno oggi più che mai rari, dunque urgenti.
Nello Space of between, in quello stare tra le cose, nasce l’esigenza di ritrovare il momento fondativo, il mistero dell’origine, della scoperta, che talvolta è solo una ri-scoperta della dimensione spazio temporale. Il luogo del fare architettura diventa allora la strada, il caffè, la stazione di una città italiana: ecco la nuova condizione itinerante dei giovani architetti italiani . La realtà del viaggio, dell’incontro casuale, del confronto fugace ma intenso, diventa la conditio sine qua non per un fare architettura contemporanea che affonda, consapevole, i suoi piedi nella storia e immediatamente la nega.
Due architetti neo-dandy, abiti rigorosamente neri, minimal ma ricercati, sono “in mezzo” alla nuova architettura, alla frenesia delle nostre metropoli, fascinati dalle evoluzioni/involuzioni della “forma altra”, dalla geometria frattale e multidimensionale, solo nominalmente formless, da cui sentono ineludibile radicamento e strutturazione.
Il loro concetto di spazio, pur affondando le sue origini e i suoi segreti nelle internità tettoniche, svela la necessità di una riformulazione della dimensione “classica” verso una fertilità “altra” dell’azione estetica con tutta la sacralità del suo mistero.
link correlati
Michele>Moreno, Giovanni Santamaria. Open-Air Theatre in Atene
Ephemeral Structures in Athens_Open-Air Theatre
Piazza Italia International Competition
Raffaella Laezza Underchitecture
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rosita fanelli
[exibart]
L’articolo è molto interessante e ben scritto.
Ha suscitato in me la curiosità di conoscere i lavori di questi due giovani architetti.
Complimenti Rosita Fanelli.
Un saluto sincero da un vostro amico cresciuto fra i meandri di una architettura contemplativa e dominata da un equilibrio precario….