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Milano racconta Milano – Martin a tutto campo
Politica e opinioni
Il pubblico? Ha risposto bene, soprattutto alla mostra di Chen Zhen. La situazione milanese? Si giova della passione di un gruppo di collezionisti. Il PAC? Troppo piccolo. Tanto da far saltare già due mostre. La Biennale del 2003? Una gran delusione! Parla Jean Hubert Martin. Il superconsulente francese per l’arte contemporanea incaricato dal Comune di Milano…
In questa fase lei sta proponendo a Milano una compatta stagione di mostre personali,obbiettivamente ben costruite al Padiglione d’Arte Contemporanea. E’ soddisfatto del risultato? C’è un riscontro di pubblico?
I risutati delle mostre sono soddisfacenti. La mostra di Chen Zhen ha avuto un vero successo che mi ha sorpreso: 17.800 visitatori. In effetti non consideravo quanto questo artista fosse conosciuto nell’ambito dei collezionisti. Il terreno era senz’altro meno fertile per Shonibare. Riguardo alla prossima mostra, dedicata a Laurie Anderson, mi conforta il successo che ha già avuto a Lione ed a Düsseldorf.
Una cosa che l’ha sorpresa in positivo ed una in negativo riguardo al panorama culturale milanese.
In positivo il sostegno di un gruppo di collezionisti appassionati all’arte contemporanea è molto apprezzabile. L’interesse e la comprensione, spesso entusiaste, che mostrano per gli artisti esposti al PAC ne fanno degli essenziali moltiplicatori di interesse presso il pubblico milanese.
Il giudizio negativo è sul PAC. Lo spazio dove attualmente sto lavorando come curatore è una struttura raffinata concepita negli anni ’50. Ma si rivela ad oggi troppo piccolo in rapporto alle dimensioni ed alle esigenze dell’arte attuale. Questo problema di ‘taglia’ ha già significato dover rinunciare a due importanti progetti di mostra!
Il Comune di Milano non investe molto in arte e cultura, questo è un dato oramai consolidato. Cosa significa lavorare in questa situazione?
Il budget è stato dimezzato lo scorso anno. E’ stato un duro colpo, bisogna sperare che la situazione migliori nei prossimi anni. Il confronto con le altre città europee è un esercizio difficile. Tuttavia Milano non è sola in questo. In Germania molto musei sono stati ‘severamente tagliati’ e in Francia l’effervescenza degli anni Ottanta è molto lontana…
Ci sono voci poco incoraggianti sull’area della Bovisa, dove dovrebbe sorgere il Museo del Presente. Pare infatti che la bonifica dell’area sia troppo costosa. Come vede la situazione? Ha avuto modo di confrontarsi con il Comune? Il Museo del Presente si farà altrove?
I miei interlocutori in città sono Salvatore Carrubba, assessore alla Cultura del Comune, e Alessandra Mottola Molfino, direttrice dei musei milanesi. Stiamo parlando dei questi grandi costi di bonifica, non si parla però di un’altra location per il Museo.
Che cosa ne pensa della nascita delle Fondazioni per i Musei Civici, fortemente voluta dall’amministrazione che la annuncia per il prossimo autunno?
La creazione di una fondazione per i musei di Milano mi pare una necessità. Ho già troppo ben conosciuto, in Francia, le enormi difficoltà dovute ad una gestione diretta da parte della ‘cosa pubblica’, per non sperare ad una maggiore autonomia. Il prima possibile. Le lentezze burocratiche ed i freni dovuti all’incomprensione della specificità dei musei sono oggi incompatibili con il dinamismo richiesto per organizzare un buon programma espositivo.
Lei ha recentemente curato la Biennale di Lione. Quale giudizio sulla Biennale di Venezia di Francesco Bonami?
Questa Biennale è una grande delusione. In un’intervista Bonami si vanta di ignorare, prima dell’apertura, il contenuto delle varie sezioni delegate agli altri curatori. Avrebbe fatto meglio a preoccparsene invece! Sebbene forse non sarebbe cambiato poi molto. Osservo infatti la povertà della mostra al Correr (Pittura/Painting, la mostra su 40 anni di pittura alla Biennale. ndr) con un accrocco cronologico alla cieca di un opera per artista. Sono convinto che ci sia bisogno, per fare una buona mostra, di un direttore che orchestri tutta la manifstazione. E inoltre non ho neppure capito il tema della dittatura dello spettatore. E’ la prima volta che a Venezia il comune sentire indica i padiglioni nazionali ben più interessanti della mostra internazionale.
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