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I sorrisi, le lacrime, gli sguardi confusi o inebriati, le mani alzate al cielo e appoggiate a quella lunga barriera di graffiti e filo spinato che, per decenni, sembrava insormontabile. È la grande storia del Muro di Berlino, che rivive in tutte le sue emozioni e sensazioni nelle fotografie di Mario Laporta, in esposizione dal 5 ottobre all’1 dicembre 2019, nel contesto post industriale della Ex Fabbrica Bertoni, a Saluzzo. Il progetto espositivo, ideato e organizzato dall’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, che dal 2005 è impegnato nello sviluppo culturale sul piano del “sociale” attraverso la diffusione della conoscenza dell’arte contemporanea italiana, è curato da Mario Francesco Simeone, in collaborazione con il Comune di Saluzzo, e ricade nel programma di manifestazioni ed eventi organizzati in occasione del trentennale della caduta del Muro di Berlino.
Così, a trent’anni da quel 9 novembre 1989, le fotografie di Mario Laporta e gli istanti in esse racchiusi entrano in dialogo con il contesto postindustriale e fortemente caratterizzato della Ex Fabbrica Bertoni, per “Berlino, 1989. La storia in istantanea”. Proponendo una inedita presenza installativa, plastica, l’esposizione è scandita da un ampio murale composto da 178 immagini, 12 grandi fotografie e una proiezione, per attraversare le piccole storie vissute dai protagonisti di una vicenda diventata patrimonio della memoria collettiva.
Nel novembre del 1989, Mario Laporta si trovava a Berlino est, per realizzare un reportage fotogiornalistico sulle proteste dei sindacati e l’attenzione dei mezzi di informazione era concentrata sulla narrazione di quegli eventi ma, quando il Muro venne abbattuto, fu subito evidente a tutti che stava accadendo qualcosa difficilmente dicibile.
‹‹Laporta entra ed esce vorticosamente dalla scena, sceglie di concentrarsi sul particolare per poi ampliare il punto di vista, intersecando micronarrazioni e prospettive densamente simboliche. A noi rimangono tutte le sfumature di quegli attimi, espresse da ogni singolo muscolo e da ogni lacerto di tessuto, come se il grande corpo di quelle persone, riunite nella forma fluida di una marea riversata nei pressi di Checkpoint Charlie e del valico della Bornholmer Strasse, fosse impegnato in una scenografia amletica, una prova da grande attore››, ha spiegato Simeone.
‹‹Pur avendo nel corso degli anni documentato tantissimi eventi internazionali e storici, Papi, Capi di stato, tragedie, territori in guerra, stragi mafiose, catastrofi naturali o provocate dall’uomo, eventi sportivi, feste tradizionali, stermini, deportazioni, crisi internazionali, flussi migratori, quel 9 novembre del 1989, i giorni precedenti e quelli immediatamente successivi, rimarranno scolpiti nella mia memoria. Ogni volta che guardo, stampo, pubblico ognuna di queste foto, ricordo perfettamente il momento in cui l’ho scattata, ricordo distintamente il rumore del motore che faceva avanzare la pellicola, ricordo il click che lo generava, ricordo gli sguardi e i sorrisi e le sensazioni che scambiavo con i soggetti. Non mi capita con gli altri eventi. La storia, quella che ha veramente cambiato il mondo, ti rimane dentro come un sigillo indelebile e a quel punto, come fotografo, ti rendi di quale sia il tuo ruolo nel mondo: testimoniare››, ha ricordato Laporta.