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Karima Laraba – La maschera e il vortice
L’artista di origine algerina, residente a Venezia, traduce su tela e attraverso le sue installazioni la sua appartenenza alla meravigliosa città veneta a cui lei si sente indissolubilmente legata e alla quale, senza dubbio è riconducibile l’origine delle sue riflessioni artistiche
Comunicato stampa
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“La maschera e il vortice” è il titolo della mostra dell’artista algerina Karima Laraba, a cura di Giuseppe Ussani d’Escobar che a partire da mercoledì 2 ottobre 2019 sarà ospitata nella Galleria delle Biblioteca Angelica.
In occasione dell’esposizione l’artista presenta al pubblico una trentina di lavori pittorici di cui tre installazioni, sapientemente scelti dal curatore con l’obiettivo di raccontare la sua opera, diffondendo il suo messaggio in uno dei più grandi luoghi della cultura italiana, custode delle più significative opere cartacee mondiali antiche e contemporanee.
L’artista di origine algerina, residente a Venezia, traduce su tela e attraverso le sue installazioni la sua appartenenza alla meravigliosa città veneta a cui lei si sente indissolubilmente legata e alla quale, senza dubbio è riconducibile l’origine delle sue riflessioni artistiche.
La maschera, i colori con cui si confronta, sono tra gli elementi che da subito tradiscono la sua vicinanza alla cultura della città. Karima rende sue le simbologie e le utilizza come mezzo per portare all’attenzione dello spettatore il dualismo dell’essere e dell’apparire.
La sua maschera si spoglia della sua essenza carnascialesca e si fa mezzo di un culto soprannaturale e sacro. Le opere nascono da un desiderio, da una impellente necessità di riflessione e confronto sia con lo spazio che la circonda che con tutti gli elementi della natura. Attraverso tali riflessioni l’artista dona al pubblico un’installazione dalle caratteristiche del Giano bifronte che attraverso le fattezze e le simbologie della tradizione, è capace di raccontare, denunciare in maniera diretta l’attualità. Così da una parte è visibile l’essere andro gino, con una identità fortemente simbolica e soprannaturale, che si nutre di plastica e sul lato opposto appare il fiore intossicato e contaminato dal letale prodotto.
Il lavoro dell’artista si ricongiunge naturalmente al prodotto di “scultura sociale”, come amava definire Joseph Beuys le sue installazioni che avevano una valenza politica e umana, credendo anch’egli in un’indispensabile rigenerazione della società; ma allo stesso tempo la si potrebbe definire “scultura ecologica”, in quanto porta in sé tale vocazione e provocazione. “Karima si serve della maschera - scrive il curatore della mostra Giuseppe Ussani d’Escobar - tipicamente veneziana, caricandola di valenze simboliche, quindi reinterpretandola, assegnandole un ruolo sociale e morale, per meglio dire “impegnato”; in questo senso la sua espressione artistica trova riferimento nella Funk Art americana e in particolare in Edward Kienholz che si avvaleva del folklore americano, utilizzando peraltro manichini, per suggerire e evidenziare gli aspetti di decadenza della vita negli Stati Uniti.”
La drammaticità di luce, colori, ombre e forme sono la sintesi del suo linguaggio pittorico, nelle sue tele Laraba, narra attraverso forme astratte paesaggi riscoperti e carichi della forza degli elementi. I suoi colori sono dosati, le pennellate un susseguirsi di flussi morbidi e decisi a voler raccontare la sua capacità di immergersi totalmente nel linguaggio della natura che come un vortice la spinge a conoscere e ad approfondire sempre più la sua indagine.
In occasione dell’esposizione l’artista presenta al pubblico una trentina di lavori pittorici di cui tre installazioni, sapientemente scelti dal curatore con l’obiettivo di raccontare la sua opera, diffondendo il suo messaggio in uno dei più grandi luoghi della cultura italiana, custode delle più significative opere cartacee mondiali antiche e contemporanee.
L’artista di origine algerina, residente a Venezia, traduce su tela e attraverso le sue installazioni la sua appartenenza alla meravigliosa città veneta a cui lei si sente indissolubilmente legata e alla quale, senza dubbio è riconducibile l’origine delle sue riflessioni artistiche.
La maschera, i colori con cui si confronta, sono tra gli elementi che da subito tradiscono la sua vicinanza alla cultura della città. Karima rende sue le simbologie e le utilizza come mezzo per portare all’attenzione dello spettatore il dualismo dell’essere e dell’apparire.
La sua maschera si spoglia della sua essenza carnascialesca e si fa mezzo di un culto soprannaturale e sacro. Le opere nascono da un desiderio, da una impellente necessità di riflessione e confronto sia con lo spazio che la circonda che con tutti gli elementi della natura. Attraverso tali riflessioni l’artista dona al pubblico un’installazione dalle caratteristiche del Giano bifronte che attraverso le fattezze e le simbologie della tradizione, è capace di raccontare, denunciare in maniera diretta l’attualità. Così da una parte è visibile l’essere andro gino, con una identità fortemente simbolica e soprannaturale, che si nutre di plastica e sul lato opposto appare il fiore intossicato e contaminato dal letale prodotto.
Il lavoro dell’artista si ricongiunge naturalmente al prodotto di “scultura sociale”, come amava definire Joseph Beuys le sue installazioni che avevano una valenza politica e umana, credendo anch’egli in un’indispensabile rigenerazione della società; ma allo stesso tempo la si potrebbe definire “scultura ecologica”, in quanto porta in sé tale vocazione e provocazione. “Karima si serve della maschera - scrive il curatore della mostra Giuseppe Ussani d’Escobar - tipicamente veneziana, caricandola di valenze simboliche, quindi reinterpretandola, assegnandole un ruolo sociale e morale, per meglio dire “impegnato”; in questo senso la sua espressione artistica trova riferimento nella Funk Art americana e in particolare in Edward Kienholz che si avvaleva del folklore americano, utilizzando peraltro manichini, per suggerire e evidenziare gli aspetti di decadenza della vita negli Stati Uniti.”
La drammaticità di luce, colori, ombre e forme sono la sintesi del suo linguaggio pittorico, nelle sue tele Laraba, narra attraverso forme astratte paesaggi riscoperti e carichi della forza degli elementi. I suoi colori sono dosati, le pennellate un susseguirsi di flussi morbidi e decisi a voler raccontare la sua capacità di immergersi totalmente nel linguaggio della natura che come un vortice la spinge a conoscere e ad approfondire sempre più la sua indagine.
04
ottobre 2019
Karima Laraba – La maschera e il vortice
Dal 04 al 12 ottobre 2019
arte contemporanea
Location
BIBLIOTECA ANGELICA – GALLERIA ANGELICA
Roma, Via Di Sant'agostino, 11, (Roma)
Roma, Via Di Sant'agostino, 11, (Roma)
Orario di apertura
martedì/giovedì 9.00-18.00 - lunedì/venerdì 9.00-16.30
sabato 5 e 12 ottobre la mostra resterà aperta dalle 9.00 alle 18.30
Vernissage
4 Ottobre 2019, ore 18
Autore
Curatore