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Da oggi alla Fondazione Giuliani “Living Grains”, la prima personale a Roma di Ibrahim Mahama (1987, Tamale, Ghana), che nel percorso espositivo «include una serie di opere realizzate ex-novo, tra cui un’installazione su larga scala, fotografie, disegni e un film in virtual reality».
La personale di Mahama a Roma è un’occasione per osservare da una prospettiva diversa la ricerca di Mahama, il cui lavoro nel 2019 in Italia è stato esposto in contesti molto differenti: lo scorso aprile, durante l’art week in concomitanza con MiArt, aveva ricoperto i caselli daziari di Porta Venezia a Milano con centinaia di sacchi in juta nella monumentale installazione A Friend, a cura di Massimilano Gioni, per Fondazione Nicola Trussardi (qui l’intervista che l’artista ci ha rilasciato in quell’occasione). Mahama è, inoltre, uno dei sei artisti chiamati a rappresentare il Ghana alla sua prima partecipazione nazionale alla Biennale di Venezia, nel padiglione curato da Nana Oforiatta Ayim, a lungo tra i favoriti per l’assegnazione del Leonne d’oro, assegnato poi al padiglione lituano.
«Per la mostra in Fondazione Giuliani, Mahama ha lavorato a lungo con una rete di “collaboratori”, collezionando quasi duecento macchine da cucito in disuso per dar vita all’installazione su grande scala Capital Corpses I (2014-2019). Queste macchine, legate in maniera intrinseca alla moda e all’industria tessile, simboleggiano metaforicamente un contesto dove l’industria, e ogni ambito ad essa correlato, ignora completamente il processo di decadimento dell’oggetto. L’installazione esplora anche il suono, «una componente importante e spesso trascurata dell’oggetto, che qui crea un’ulteriore connessione o eco con i due film in mostra», ha spiegato la Fondazione.
Nel percorso espositivo a Roma sono, infatti, presenti due film di Mahama, il primo unisce immagini del Ghana odierno con tracce audio dei dibattiti del parlamento nazionale degli anni Cinquanta: «Il film Parliament of Ghosts (2014-2019) ritrae i lavoratori del mercato Agbogbloshie di Accra, la più grande discarica di rifiuti al mondo, mentre rimodellano incessantemente oggetti di latta, legno e acciaio, caduti in disuso con il progresso. La voce fuori campo che accompagna le scene di questo lavoro disumano sono le registrazioni dei dibattiti nel Parlamento ghanese degli anni ‘50. In questi dialoghi l’urgenza di valorizzare le capacità e il potenziale dei giovani ghanesi viene enfatizzata con un’ironia che risulta allo stesso tempo possibile e tragica».
Il secondo film in mostra è, invece, in realtà virtuale: «Promises of hanging living men have no dead weight (2014-2019) crea un’ulteriore eco, accompagnando lo spettatore nei funzionamenti interni e nelle dinamiche degli edifici in stato di degrado, dei silos abbandonati e degli altri scenari architettonici».
Alla Fondazione Giuliani è esposto anche Maps of the Gold Coast (1898-2019) che «consiste in un gruppo di mappe del 1920-1950 oggi obsolete, prodotte durante il periodo coloniale in Ghana. Le mappe presentano tracce delle ricerche eseguite dagli inglesi durante la costruzione della ferrovia (ora quasi interamente in disuso) realizzata per il trasporto di merci e minerali, sulle quali Mahama è intervenuto con dei disegni. Queste mappe sono affiancate da una serie di fotografie che ritraggono l’avanbraccio di alcune donne provenienti da paesini del nord Ghana, vicini a dove Mahama è cresciuto. Partite per trovare lavoro come operaie nella capitale Accra, le donne si tatuano le braccia con i loro nomi e i contatti dei loro cari, nel caso venissero uccise o ferite durante uno dei numerosi incidenti stradali o in cantiere. Mahama è convinto che questa particolare crisi rappresenti un’apertura verso nuove conversazioni sull’idea del corpo nel ventunesimo secolo», si legge nel comunicato stampa.
Ibrahim Mahama
Living Grains
Dal 26 ottobre al 21 dicembre 2019
Fondazione Giuliani
Via Gustavo Bianchi 1, Roma
Orari: dal martedì al sabato dalle 15:00 alle 19:30 e su appuntamento
www.fondazionegiuliani.org, info@fondazionegiuliani.org