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Artissima, la fiera dei desideri. Intervista a Ilaria Bonacossa
Fiere e manifestazioni
Segni particolari: essere per il terzo anno di fila la donna al comando della più colorita fiera d’arte contemporanea italiana. Una fiera «intelligente» e quest’anno pensata per «spingersi oltre», chiamata a misurarsi con una società dove i desideri sono diventati un lusso da non ostentare di fronte alla censura, sempre pronta ad aspettarli al varco.
Noi il nostro desiderio l’abbiamo espresso: vogliamo sapere di tutto e di più sull’edizione numero ventisei della fiera made in Torino. E Ilaria Bonacossa, nostra signora di Artissima, l’ha prontamente esaudito
Cominciamo dal tema “Desiderio/Censura”, che è qualcosa di molto ampio, diciamo meta-artistico. A stuzzicare l’Italia persa nel “vorrei ma non posso”, quella dei desideri proibiti, non senti di esserti spinta un po’ oltre?
«In realtà il tema nasce proprio dalla volontà di spingersi oltre, in risposta a una percepita urgenza ‘politica’, a una sensazione di libertà messa in discussione… E nasce anche dall’intuizione, rafforzata da importanti testi critici, del potere liberatorio e rivoluzionario del desiderio di mettere in discussione lo status quo».
Alle OGR dai spazio al telefono, status symbol assurto a bibbia della contemporaneità. Recepire fermenti social e sociali, essere parte del proprio tempo, quanto è fondamentale per la tua idea di Artissima?
«Credo che l’arte – quella significativa – in qualche modo risponda sempre ai fermenti sociali anche solo per negarli. E Artissima ha da sempre saputo intercettare e anticipare le tendenze di avanguardia. Per questo, progetti come Telephone sono importanti. Inoltre la proposta curatoriale nata dalla selezione fatta con Vittoria Martini tra le opere legate al tema e inviate dalle gallerie presenti in fiera, ci ha portato a fare scoperte inaspettate e stimolanti».
È solo un’impressione mia o, anno dopo anno, lavori per dare ad Artissima una dimensione – passami il termine – “sanremese”, nel senso di un evento aperto, pensato per interagire con una platea quantomai ampia?
«Se posso, più Festivalbar che Sanremo! Credo che la vocazione dei grandi eventi sia ampliare il proprio pubblico e se questo viene fatto senza peggiorare la qualità dell’offerta culturale, direi che è un ottimo risultato. Sviluppare con i nostri partner specifici progetti educational come l’Experimental Academy, nata insieme a Combo, oppure Artissima Junior, in collaborazione con Juventus, trasforma la fiera in uno spazio di pensiero e non solo di scambio economico, oltre a offrire ai collezionisti e al pubblico una visione “dietro le quinte” del lavoro degli artisti. Penso sia importante mostrare come gli artisti possano rendere unici e stimolanti, attraverso le loro visioni, i progetti delle aziende partner».
Un evento per tutti, anche se tra i progetti collaterali includi una mostra per soli adulti. La censura, l’altra metà del desiderio, alla fine fa da volano alla creatività degli artisti e all’interesse dei consumatori d’arte?
«Da sempre gli artisti hanno dovuto fare i conti con la censura e con il complesso sistema di ruoli che il desiderio ha interpretato nella storia. Superare tabù o infrangere regole è in qualche modo connaturato al pensiero artistico. Il binomio desiderio/censura è nato dalla percezione che libertà (e desideri) che davamo per scontati sono messi in discussione, e mentre gli algoritmi decidono cosa sia appropriato alla nostra visione e cosa no, YouPorn resta uno dei siti più visitati al mondo».
La tua Artissima è nomade, ha una copertura urbana e addirittura regionale col progetto Art Mapping Piemonte. Uscire dai propri spazi per una grande fiera è più un’esigenza o un’opportunità?
«Credo entrambe. Nel nostro caso nasce dal fatto che la Regione Piemonte – la numero uno al mondo da visitare secondo la classifica Lonely Planet del 2019 – è nostro stakeholder e importante sostenitore sin dagli inizi. La Regione ha investito nella cultura non solo a Torino, ma su tutto il territorio da vent’anni anche grazie alla partnership con numerose iniziative private: penso a Guarene con le mostre della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, alla Cappella di Sol Lewitt a La Morra, rinnovata con il sostegno della famiglia Ceretto, al progetto “All’Aperto” inserito nella splendida Oasi Zegna. In questa prospettiva, Art Mapping Piemonte non solo inserisce tre nuovi interventi di Mario Airò a Parodi, Zhang Enli a Montabone e Olivier Mosset a Novello, ma cerca di creare un’osmosi tra il turismo culturale e quello enogastronomico grazie anche al network del Gambero Rosso».
Tra mille polemiche un evento caratterizzante come il Salone dell’Auto si sposterà da Torino a Milano. Ti faccio questa domanda antipatica: Artissima in un’altra città sarebbe possibile?
«Tutto è possibile, ma in questo momento la forza della fiera è la sua specificità, tipica delle aziende italiane che sono internazionali, ma che operano in una dimensione gestionale e di know-how locale. Il nostro team permanente non arriva a dieci persone (ma tocca le cento nei giorni della fiera) e tutte – posso permettermi il femminile – conosciamo e seguiamo il lavoro delle altre e discutiamo delle opportunità e delle criticità dei progetti. Artissima è la più piccola delle grandi fiere e la più grande delle piccole, e credo che questa sia una specificità importante che riflette la città in cui è nata e le sue caratteristiche. Il rapporto con Torino, il territorio e le sue istituzioni sono il nostro asso nella manica, facendo del sistema Torino un unicum e di Artissima il momento in cui la città si mette in mostra».
L’esperto risponde: dimmi al volo tre ingredienti imprescindibili per una fiera perfetta.
«Una precisa identità, un rapporto di lungo termine con le gallerie che vi partecipano, una visione delle trasformazioni del mercato dell’arte e la volontà di anticiparle. E ovviamente molti collezionisti! In questo l’eccezionalità del nostro programma VIP è davvero importante».
E il primo aggettivo che ti viene in mente per definire questa edizione 2019?
«Intelligente».
In questi anni hai sperimentato parecchio, e i numeri ti hanno dato ragione. Non ci sono vie di mezzo, puoi scegliere solo una tra queste risposte: “soddisfatta” o “si può dare di più”?
«Soddisfatta».
Non c’è due senza tre, e nel tuo caso anche senza quattro e cinque, fino al 2021 avrai le chiavi di Artissima. Due anni fa ci avresti creduto?
«Forse no, ma mi sono accorta in fretta che tre anni sono davvero pochi per cambiare una fiera e svilupparne l’identità anche perché nell’evoluzione intervengono numerosi fattori esogeni oltre che endogeni».
Già che sarai in quel di Torino ancora per un po’, c’è un “effetto speciale” che fin’ora hai lasciato nel cassetto, ma che prossimamente potremmo aspettarci?
«Gli effetti speciali funzionano solo a sorpresa…ma una sorpresa l’avrete già tra qualche ora».
Hai lanciato il sasso, e adesso non puoi nascondere la mano: un desiderio di Ilaria qual’è?
«Tornare a montare a cavallo!».