04 novembre 2019

La “frattura” di un luogo si ripara con l’arte

di

“AIR*M - Artist In Residency Mountain”, una residenza di comunità nell'entroterra abruzzese. Per risvegliare i luoghi con l'arte

Scanno da Frattura

Tra i vari significati del termine missione c’è il seguente: “servizio svolto con totale dedizione, specialmente a favore del prossimo”. È il caso del racconto di questa nuova tappa della mia rubrica.

Frattura, una frazione del comune di Scanno, in Abruzzo, è un borgo di venti anime che nei mesi più caldi arrivano ad una quarantina. Qui l’archeo-antropologa Anna Rizzo, palermitana d’origine, arriva con un gruppo di colleghi nel 2010 e vi si stabilisce.

Oggi Frattura è un progetto dove il centro è la comunità e l’inizio del viaggio sono le persone, la loro storia e la determinazione che li spinge a ritornare o a non abbandonare mai quella che è una terra difficile. A mio avviso si tratta di un modo di agire esportabile in qualsiasi luogo delle aree interne e montane italiane. Frattura è anche una residenza per artisti “AIR*M – Artist In Residency Mountain”, un festival di Comunità “Estate a Frattura”, ed è custode del fagiolo bianco insieme all’Arca del Gusto di Slow Food. Questo processo virtuoso ha permesso anche di far riprendere a pulsare alcuni dei luoghi focali del paese, come l’ex scuola che muta forma e diventa oggi museo, il forno e il lavatoio…

Anna Rizzo, Interno casa Frattura Vecchia (AQ) foto Caludio Mammucari
Anna Rizzo, Interno casa Frattura Vecchia (AQ) foto Caludio Mammucari

Anna, tu siciliana d’origine lontana dall’eco della montagna, perché hai deciso di costruire un progetto così totalizzante e nel contempo romantico a Frattura. Questo luogo ti ha letteralmente rapita. Come e perché?

«Sono arrivata a Frattura nel 2010, con la missione “Fluturnum, Archeologia e Antropologia nell’Alta Valle del Sagittario” dell’Università di Bologna, la cooperativa archeologia Matrix 96, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio dell’Abruzzo, e il comune di Scanno. I primi due anni della missione mi sono occupata della ricettazione dei reperti archeologici nella zona. Un lavoro di investigazione e riposizionamento cartografico che serviva per individuare eventuali siti noti alla comunità. Dal 2013 ho cominciato a lavorare esclusivamente con i fratturesi».

Il sottotitolo di ciascun progetto che sia di arte, cibo, riqualificazione, agricoltura è sempre il termine comunità. Come ti hanno accolto le trenta anime? Raccontami una storia di vita, quella che ti ha lasciato un segno nella pelle…

«Solo dopo 5 anni i fratturesi hanno cominciato a “vedermi”, ad accorgersi di me e a riconoscermi. Il primo periodo lavoravamo esclusivamente alle ricognizioni, partivamo alle 6:30 del mattino e tornavamo alle 22:30. Abbiamo cominciato a prendere un reale contatto quando abbiamo scoperto che esisteva un lavatoio. Nel momento in cui lo abbiamo cominciato ad “abitare” e ad usare le vasche riempiendole con i nostri vestiti la comunità si è incuriosita. La storia: ho conosciuto Assunta due anni fa, dopo la scomparsa di Rosetta, una signora che abitava di fronte al lavatoio. Rosetta per tanti anni si è presa cura di me, aveva più di 90 anni. Facevamo colazione insieme, era il mio punto di riferimento per tutto. Quando  se ne è andata ho conosciuto il figlio Loreto e la moglie Assunta. Ho continuato a frequentare casa loro e con il tempo sono diventati i miei genitori di Frattura. Questo incontro mi ha permesso di conoscere la signora Lidia, una delle spose abbandonate dai mariti andati in Venezuela e mai più tornati. Vedova da settanta anni e ufficialmente sposa».

Frattura
Frattura

A Frattura sono arrivate in residenza anche le artiste Valentina Colella e Chiara Segreto. Raccontaci come si sono rapportate alle genti e che cosa ne è nato….

«Due artiste molto diverse. Chiara Segreto, ha partecipato alla prima residenza d’artista lavorando anche sullo scavo archeologico, un sito romano. Ha studiato gli spietramenti e il paesaggio storico. Ma soprattutto ha lavorato con le signore locali per il recupero del forno pubblico. Valentina Colella è stata nostra ospite nel 2018 e ha lavorato alla realizzazione della sua prima mostra personale. Invece quest’anno Valentina è stata l’ideatrice di una residenza “AIR*M – Artist In Residency Mountain”, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Roma ospitando tre giovani artisti. Una residenza intensa e inspirata al contesto montano che ha trovato una sintesi nel dialogo dei ragazzi con esperienze di trekking e di confronto con la comunità».

Perché a tuo avviso sarebbe importante esportare questo modus operandi in altre aree interne? Che cosa potrebbe generare?

«La nostra modalità di lavoro è stata ideata su Frattura e su che cosa questa comunità ha scelto di conservare e di condividere. È un lavoro di confronto e di proposte che nasce prima sull’esigenza di formare cittadini attraverso l’uso democratico degli spazi pubblici, e poi di far emergere competenze. Rispetto a tanti progetti avviati nelle aree interne, per di Frattura vi come obiettivo la creazione di una comunità, di persone che fanno delle scelte e mettono in comune le proprie professionalità e competenze, e da questo si può pensare a delle ipotesi di ritorno e di creazione di un’economia locale. Il lavoro finora svolto è stato molto lento e profondo, e in questo ho trovato sostegno in archeologi, geologi, cartografi, genetisti agrari. Abbiamo creato una rete di piccoli progetti intorno al nostro, fortemente radicati al territorio, legati al recupero locale agrario e comunitario. Man mano che produco documentazione insegno loro a farlo e gli lascio i miei strumenti tecnici. Come creare un database, come portare avanti una pratica di concessione di uso pubblico degli spazi, come comunicare proposte e calendarizzare eventi comunali e a chi rivolgersi per la manutenzione. Non è semplice esportare questo formato: mettere a disposizione spazi pubblici non ha un costo, ma anzi genera benessere e condivisione. Ma in questa modalità si sottrae l’ambiente a un sistema clientelare e di favori su cui si reggono spesso molte relazioni. In molte aree avere una cittadinanza “in torpore” conviene».

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui