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Edoardo Caimi – A Year Without Summer
È un paesaggio contaminato, affollato da fantasmi chimici e suoli elettrici, quello con cui Caimi ci mette a confronto: uno scenario che evoca pratiche tribali e di comunicazione in cui si mescolano l’immaginario suburbano e quello post-apocalittico
Comunicato stampa
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Nel 1816 il pianeta si coprì di una fitta nube di zolfo e pulviscolo. L’esplosione del Tambora, uno stratovulcano in Indonesia, è stata quella che in gergo tecnico si definisce VEI-7, o supercolossale: 100 km3 di materia cinerea si dispersero nell’atmosfera con un boato sentito fino a 2000 km di distanza e un paio di regni spazzati via in una bolla di calore. Per un anno intero il sole fu opacizzato da strati di fuliggine, era “l’anno senza estate”, il cui ricordo e portato culturale è conservato nelle suggestioni del Romanticismo e nel rapporto tra uomo e catastrofe, tra cultura e natura, rappresentate dalla figura dell’ultimo uomo.
La mostra A Year Without Summer di Edoardo Caimi presentata a The Address è in un certo senso figlia delle suggestioni di questa piccola apocalisse stratovulcanica. I racconti e le testimonianze della neve rossa caduta in Italia, di una wasteland sterile e secca coperta da cieli ovattati, di una coltre fuligginosa in stile inverno nucleare, quanta famigliarità abbiamo oggi con queste immagini. I cambiamenti e i cataclismi naturalculturali della contemporaneità hanno radici profonde in questi eventi, e un anno senza estate, magari il prossimo, non è proprio qualcosa di estraneo.
Attingendo tanto alle suggestioni degli scenari contemporanei del disastro quanto ai territori periferici del suburbano, fisici e immaginari, Caimi espone il racconto visivo di un paesaggio in rovina. La galleria si affolla di graffiti argillosi, di macerie carbonizzate, di paglia e residui industriali, diventa ricettacolo evocativo di una geografia infestata di segni e ruderi.
È infatti nei paesaggi impiastricciati dallo sprawl e puntellati dalle rovine logistiche di una modernità accelerata che Caimi colloca la figura del sopravvissuto. Il survivalist del XXI secolo naviga tra la paglia, la terra e i copertoni abbandonati nelle macerie industriali, dove il tracollo chimico e il dissesto organico sono elementi costitutivi di una natura chimerica, meticcia. I graffiti e gli outline tracciati nelle architetture industriali infestano il paesaggio naturale, rimpastano il fieno secco e l’argilla sporca, trasportano l’immaginario post-industriale tra gli alberi e la terra.
È un paesaggio contaminato, affollato da fantasmi chimici e suoli elettrici, quello con cui Caimi ci mette a confronto: uno scenario che evoca pratiche tribali e di comunicazione in cui si mescolano l’immaginario suburbano e quello post-apocalittico. Sono neo-sciamanesimi, telefoni cellulari che sfrigolano nel buio ionico di una notte rossa, muschi fluorescenti su terre bruciate e mana limpido come l’acqua dei ruscelli di montagna. Rimestando le immagini e le suggestioni evocative del neo-primitivismo in chiave survivalista, e muovendosi nel conflitto insanabile tra centro e periferia, sui territori lacerati dall’urbanità e infestati dai capannoni, Caimi allestisce i luoghi del disastro come scenografie in cui immaginare altre forme di abitabilità.
La mostra A Year Without Summer di Edoardo Caimi presentata a The Address è in un certo senso figlia delle suggestioni di questa piccola apocalisse stratovulcanica. I racconti e le testimonianze della neve rossa caduta in Italia, di una wasteland sterile e secca coperta da cieli ovattati, di una coltre fuligginosa in stile inverno nucleare, quanta famigliarità abbiamo oggi con queste immagini. I cambiamenti e i cataclismi naturalculturali della contemporaneità hanno radici profonde in questi eventi, e un anno senza estate, magari il prossimo, non è proprio qualcosa di estraneo.
Attingendo tanto alle suggestioni degli scenari contemporanei del disastro quanto ai territori periferici del suburbano, fisici e immaginari, Caimi espone il racconto visivo di un paesaggio in rovina. La galleria si affolla di graffiti argillosi, di macerie carbonizzate, di paglia e residui industriali, diventa ricettacolo evocativo di una geografia infestata di segni e ruderi.
È infatti nei paesaggi impiastricciati dallo sprawl e puntellati dalle rovine logistiche di una modernità accelerata che Caimi colloca la figura del sopravvissuto. Il survivalist del XXI secolo naviga tra la paglia, la terra e i copertoni abbandonati nelle macerie industriali, dove il tracollo chimico e il dissesto organico sono elementi costitutivi di una natura chimerica, meticcia. I graffiti e gli outline tracciati nelle architetture industriali infestano il paesaggio naturale, rimpastano il fieno secco e l’argilla sporca, trasportano l’immaginario post-industriale tra gli alberi e la terra.
È un paesaggio contaminato, affollato da fantasmi chimici e suoli elettrici, quello con cui Caimi ci mette a confronto: uno scenario che evoca pratiche tribali e di comunicazione in cui si mescolano l’immaginario suburbano e quello post-apocalittico. Sono neo-sciamanesimi, telefoni cellulari che sfrigolano nel buio ionico di una notte rossa, muschi fluorescenti su terre bruciate e mana limpido come l’acqua dei ruscelli di montagna. Rimestando le immagini e le suggestioni evocative del neo-primitivismo in chiave survivalista, e muovendosi nel conflitto insanabile tra centro e periferia, sui territori lacerati dall’urbanità e infestati dai capannoni, Caimi allestisce i luoghi del disastro come scenografie in cui immaginare altre forme di abitabilità.
15
novembre 2019
Edoardo Caimi – A Year Without Summer
Dal 15 novembre 2019 al 19 gennaio 2020
arte contemporanea
Location
THE ADDRESS GALLERY
Brescia, via Trieste, 39/A
Brescia, via Trieste, 39/A
Vernissage
15 Novembre 2019, ore 19
Autore
Curatore