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Il secondo principio di un artista chiamato Banksy
Nessuno lo ha mai visto, nessuno conosce il suo viso, non circolano foto che lo
mostrino: eppure BANKSY conquista il mondo attraverso opere di inaudita
potenza etica, evocativa e tematica. Originario di Bristol, nato intorno al 1974,
inquadrato nei confini generici della Street Art, Banksy rappresenta un esemplare
caso di popolarità per un artista vivente dai tempi di Andy Warhol. Ad oggi
possiamo considerarlo il più grande artista globale del nuovo millennio.
AVVISO IMPORTANTE: L’artista conosciuto come Banksy non è in alcun modo coinvolto in questa mostra. Il materiale per questa esposizione museale proviene interamente da collezioni private. Per quanto riguarda l’artista, il suo ufficio è stato informato.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Palazzo Ducale di Genova presenta la mostra IL SECONDO PRINCIPIO DI UN
ARTISTA CHIAMATO BANKSY, a cura di Gianluca Marziani, Stefano Antonelli e
Acoris Andipa, ideata e prodotta da MetaMorfosi Associazione Culturale, in
collaborazione con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e promossa da
Comune di Genova e Regione Liguria.
Nessuno lo ha mai visto, nessuno conosce il suo viso, non circolano foto che lo
mostrino: eppure BANKSY conquista il mondo attraverso opere di inaudita
potenza etica, evocativa e tematica. Originario di Bristol, nato intorno al 1974,
inquadrato nei confini generici della Street Art, Banksy rappresenta un esemplare
caso di popolarità per un artista vivente dai tempi di Andy Warhol. Ad oggi
possiamo considerarlo il più grande artista globale del nuovo millennio.
La mostra per Palazzo Ducale è un imponente evento espositivo che riunisce oltre
100 opere e oggetti originali dell’artista britannico. Ci sono i dipinti a mano
libera della primissima fase della sua carriera e numerosi stencil. Ci sono le
serigrafie che Banksy considera vitali per diffondere i suoi messaggi. Ci sono
oggetti installativi e altre opere provenienti da Dismaland (come la scultura
Mickey Snake con Topolino inghiottito da un pitone).
Marziani e Antonelli: Banksy mette in discussione concetti come l’unicità,
l’originalità, l’autorialità e soprattutto la verità dell’opera, tratteggiando una nuova
visione che propone qualcosa di nuovo sulla relazione tra opera e mercato,
istituendo di fatto un nuovo statuto dell’opera arte, una nuova verità dell’arte
stessa, ovvero, l’opera originale non commerciabile.
Tra il 2002 e il 2009 Banksy pubblica 46 edizioni stampate che vende tramite la
sua casa editrice Pictures On Walls di Londra. Si tratta di serigrafie che
riproducono alcune tra le sue più famose immagini, molte delle quali sono state
usate nei suoi interventi all’aperto, che sono diventate “affreschi popolari”. Oltre
trenta serigrafie originali sono state selezionate dai curatori per la mostra
genovese, un percorso di approfondimento che prevede ricche schede testuali,
affinché il pubblico possa scoprire l’artista nelle sue molteplici angolazioni.
Banksy preferisce da sempre la diffusione orizzontale di immagini rispetto alla
creazione di oggetti unici. Una lezione mutuata da Andy Warhol con il suo
approccio seriale e l’uso metodico della serigrafia. Come è stato ribadito da molte
firme internazionali, Banksy rappresenta la miglior evoluzione della Pop Art
originaria, l’unico che ha connesso le radici del Pop, la cultura hip hop, il graffitismo
anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale.
Gianluca Marziani: Banksy supera la stessa arte che finora abbiamo conosciuto.
Ne riformula regole, usi e costumi, ricreando una filiera che elimina gli imbuti
produttivi del modello tradizionale. Banksy usa strumenti e materiali che tutti
conosciamo, senza perdere aderenza con oggetti fisici e tangibili, con forme
semplici e quasi banali, con un mondo lo-fi privo di utopie fantasy. Lo capiscono
tutti in quanto usa la grammatica degli oggetti e la sintassi delle storie condivise. Si
alimenta di cronaca e realtà, ribaltando storie che toccano l’umanità intera. Non
esiste pratica esoterica nel suo sistema visuale, nessuna difficoltà di approccio
superficiale, tutto risulta leggibile e impattante, nello stesso modo con cui la Pop
Art si definiva attraverso il close-up sugli oggetti commerciali. Sotto la superficie si
nasconde la complessità eterogenea, un intreccio di possibili letture che indirizza il
progetto su varie piattaforme analitiche. La sua forza sta nell’aver capito che in un
mondo digitale come il nostro, l’arte doveva fermarsi un attimo prima della sua
digitalizzazione, nascendo solida per poi diventare liquida. Un’arte facile in
apparenza ma complessa oltre l’apparire, ovvia eppure controversa, empatica per
attitudine e cattiva per natura.
Quello di Banksy è un immaginario semplice ma non elementare, con messaggi
che esaminano i temi del capitalismo, della guerra, del controllo sociale e della
libertà in senso esteso e dentro i paradossi del nostro tempo. Per la prima volta
una mostra esamina le immagini di Banksy all’interno di un quadro semantico che
ne veicoli origini, riferimenti, relazioni tra gli elementi e piani di pertinenza.
Completano la mostra diversi poster da collezione, le banconote Banksy of
England, alcune, t-shirt rarissime e i progetti di copertine di vinili. Tra i supporti
in mostra, una selezione di video e materiale infografico.
Per l’occasione verrà editato un importante catalogo in cui saranno raccolte tutte
le opere della mostra. Il volume sarà corredato dai saggi critici di Stefano Antonelli,
Gianluca Marziani e Acoris Andipa.
Stefano Antonelli a proposito del titolo: Banksy ha scritto che “Se vuoi dire
qualcosa e vuoi che la gente ti ascolti, allora indossa una maschera. Se vuoi dire la
verità devi mentire”. In seguito disse anche “Non saprete mai chi sono e ogni verità
che dirò sarà mascherata da bugia”. Traslando le due affermazioni, il primo
principio di Banksy stabilisce che egli abbia qualcosa da dire, il secondo che
quanto ha da dire sia una verità. Avere qualcosa da dire è il mandato artistico per
definizione, che si tratti di verità non è affatto scontato. Secondo Hegel la religione
ci offre la verità come rappresentazione, la filosofia come forma suprema del
concetto, l’arte come forma del sensibile. Attraverso questa prospettiva possiamo
sostenere come l’opera di Banksy sia una verità che egli somministra ai nostri
sensi, affinché possiamo percepirla. Ora, non ci resta che comprendere di quale
verità si tratti. Tuttavia, il secondo principio ci suggerisce che l’artista presenta le
verità sotto forma di menzogna. E qui la contraddizione diventa irrisolvibile, finché
ci accorgiamo che il cortocircuito lo rende uno degli artisti più veritieri e profondi del
nostro tempo.
Secondo Acoris Andipa: Rifiutando di essere rappresentato da una galleria,
Banksy continua a infrangere le regole, e in questo modo smaschera il mercato
stesso dell’arte. È un peccato che non importi cosa produca l’artista, quanto siano
impegnate le opere o il lavoro pubblico che affronta i temi delle inadeguatezze
sociali: ciò che interessa la maggioranza delle persone è il suo valore economico.
AVVISO IMPORTANTE: L'artista conosciuto come Banksy non è in alcun modo
coinvolto in questa mostra. Il materiale per questa esposizione museale proviene
interamente da collezioni private. Per quanto riguarda l'artista, il suo ufficio è stato
informato.
ARTISTA CHIAMATO BANKSY, a cura di Gianluca Marziani, Stefano Antonelli e
Acoris Andipa, ideata e prodotta da MetaMorfosi Associazione Culturale, in
collaborazione con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e promossa da
Comune di Genova e Regione Liguria.
Nessuno lo ha mai visto, nessuno conosce il suo viso, non circolano foto che lo
mostrino: eppure BANKSY conquista il mondo attraverso opere di inaudita
potenza etica, evocativa e tematica. Originario di Bristol, nato intorno al 1974,
inquadrato nei confini generici della Street Art, Banksy rappresenta un esemplare
caso di popolarità per un artista vivente dai tempi di Andy Warhol. Ad oggi
possiamo considerarlo il più grande artista globale del nuovo millennio.
La mostra per Palazzo Ducale è un imponente evento espositivo che riunisce oltre
100 opere e oggetti originali dell’artista britannico. Ci sono i dipinti a mano
libera della primissima fase della sua carriera e numerosi stencil. Ci sono le
serigrafie che Banksy considera vitali per diffondere i suoi messaggi. Ci sono
oggetti installativi e altre opere provenienti da Dismaland (come la scultura
Mickey Snake con Topolino inghiottito da un pitone).
Marziani e Antonelli: Banksy mette in discussione concetti come l’unicità,
l’originalità, l’autorialità e soprattutto la verità dell’opera, tratteggiando una nuova
visione che propone qualcosa di nuovo sulla relazione tra opera e mercato,
istituendo di fatto un nuovo statuto dell’opera arte, una nuova verità dell’arte
stessa, ovvero, l’opera originale non commerciabile.
Tra il 2002 e il 2009 Banksy pubblica 46 edizioni stampate che vende tramite la
sua casa editrice Pictures On Walls di Londra. Si tratta di serigrafie che
riproducono alcune tra le sue più famose immagini, molte delle quali sono state
usate nei suoi interventi all’aperto, che sono diventate “affreschi popolari”. Oltre
trenta serigrafie originali sono state selezionate dai curatori per la mostra
genovese, un percorso di approfondimento che prevede ricche schede testuali,
affinché il pubblico possa scoprire l’artista nelle sue molteplici angolazioni.
Banksy preferisce da sempre la diffusione orizzontale di immagini rispetto alla
creazione di oggetti unici. Una lezione mutuata da Andy Warhol con il suo
approccio seriale e l’uso metodico della serigrafia. Come è stato ribadito da molte
firme internazionali, Banksy rappresenta la miglior evoluzione della Pop Art
originaria, l’unico che ha connesso le radici del Pop, la cultura hip hop, il graffitismo
anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale.
Gianluca Marziani: Banksy supera la stessa arte che finora abbiamo conosciuto.
Ne riformula regole, usi e costumi, ricreando una filiera che elimina gli imbuti
produttivi del modello tradizionale. Banksy usa strumenti e materiali che tutti
conosciamo, senza perdere aderenza con oggetti fisici e tangibili, con forme
semplici e quasi banali, con un mondo lo-fi privo di utopie fantasy. Lo capiscono
tutti in quanto usa la grammatica degli oggetti e la sintassi delle storie condivise. Si
alimenta di cronaca e realtà, ribaltando storie che toccano l’umanità intera. Non
esiste pratica esoterica nel suo sistema visuale, nessuna difficoltà di approccio
superficiale, tutto risulta leggibile e impattante, nello stesso modo con cui la Pop
Art si definiva attraverso il close-up sugli oggetti commerciali. Sotto la superficie si
nasconde la complessità eterogenea, un intreccio di possibili letture che indirizza il
progetto su varie piattaforme analitiche. La sua forza sta nell’aver capito che in un
mondo digitale come il nostro, l’arte doveva fermarsi un attimo prima della sua
digitalizzazione, nascendo solida per poi diventare liquida. Un’arte facile in
apparenza ma complessa oltre l’apparire, ovvia eppure controversa, empatica per
attitudine e cattiva per natura.
Quello di Banksy è un immaginario semplice ma non elementare, con messaggi
che esaminano i temi del capitalismo, della guerra, del controllo sociale e della
libertà in senso esteso e dentro i paradossi del nostro tempo. Per la prima volta
una mostra esamina le immagini di Banksy all’interno di un quadro semantico che
ne veicoli origini, riferimenti, relazioni tra gli elementi e piani di pertinenza.
Completano la mostra diversi poster da collezione, le banconote Banksy of
England, alcune, t-shirt rarissime e i progetti di copertine di vinili. Tra i supporti
in mostra, una selezione di video e materiale infografico.
Per l’occasione verrà editato un importante catalogo in cui saranno raccolte tutte
le opere della mostra. Il volume sarà corredato dai saggi critici di Stefano Antonelli,
Gianluca Marziani e Acoris Andipa.
Stefano Antonelli a proposito del titolo: Banksy ha scritto che “Se vuoi dire
qualcosa e vuoi che la gente ti ascolti, allora indossa una maschera. Se vuoi dire la
verità devi mentire”. In seguito disse anche “Non saprete mai chi sono e ogni verità
che dirò sarà mascherata da bugia”. Traslando le due affermazioni, il primo
principio di Banksy stabilisce che egli abbia qualcosa da dire, il secondo che
quanto ha da dire sia una verità. Avere qualcosa da dire è il mandato artistico per
definizione, che si tratti di verità non è affatto scontato. Secondo Hegel la religione
ci offre la verità come rappresentazione, la filosofia come forma suprema del
concetto, l’arte come forma del sensibile. Attraverso questa prospettiva possiamo
sostenere come l’opera di Banksy sia una verità che egli somministra ai nostri
sensi, affinché possiamo percepirla. Ora, non ci resta che comprendere di quale
verità si tratti. Tuttavia, il secondo principio ci suggerisce che l’artista presenta le
verità sotto forma di menzogna. E qui la contraddizione diventa irrisolvibile, finché
ci accorgiamo che il cortocircuito lo rende uno degli artisti più veritieri e profondi del
nostro tempo.
Secondo Acoris Andipa: Rifiutando di essere rappresentato da una galleria,
Banksy continua a infrangere le regole, e in questo modo smaschera il mercato
stesso dell’arte. È un peccato che non importi cosa produca l’artista, quanto siano
impegnate le opere o il lavoro pubblico che affronta i temi delle inadeguatezze
sociali: ciò che interessa la maggioranza delle persone è il suo valore economico.
AVVISO IMPORTANTE: L'artista conosciuto come Banksy non è in alcun modo
coinvolto in questa mostra. Il materiale per questa esposizione museale proviene
interamente da collezioni private. Per quanto riguarda l'artista, il suo ufficio è stato
informato.
21
maggio 2020
Il secondo principio di un artista chiamato Banksy
Dal 21 al 24 maggio 2020
arte contemporanea
Location
PALAZZO DUCALE
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Biglietti
Biglietto unico 8€,
bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni 4€,
giovani under 27 (il venerdì pomeriggio dalle ore 14) 5€
Orario di apertura
giovedì e domenica, ore 11-20,
venerdì e sabato, ore 11-21
Vernissage
21 Maggio 2020, riapertura post lockdown
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