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Ghiaccio Bollente al Teatrino di Palazzo Grassi
Arti performative
“Ghiaccio Bollente: una storia barocca”. Si intitola così la serata di riflessioni intorno all’opera di Luc Tuymans, al Teatrino di Palazzo Grassi. Un approfondimento speciale, messo in atto dal saggista, docente, conduttore e performer Luca Scarlini, che ha ideato un racconto-azione incentrato sul Barocco in relazione alle ricerche dell’artista belga, da anni impegnato in una riflessione sui temi del ‘600. Vi proponiamo qui in esclusiva un estratto inedito del lavoro di Scarlini. Appuntamento stasera, alle 21, al Teatrino di Palazzo Grassi.
Nottetempo, tra templi e taverne. Sregolatezze e bagliori dei pittori del Nord nella Roma barocca
Ghiaccio bollente sei tu,
sei come un alito di nebbia,
una atmosfera che inebria,
ed ho bisogno di te,
solo di te.
Tony Dallara, Ghiaccio bollente
Roma all’inizio del‘600 era la mèta perfetta per gli artisti del Nord che volessero mettersi a prova, a confronto con la lezione dell’antico, apprendendo le nuove tendenze del fare pittorico, dominate allora da Caravaggio e dalla lezione folgorante del vero che irrompeva nella visione del creato. I Bentvuegels, uccelli migratori, venivano da Fiandre e Olanda, soprattutto, ma anche erano in viaggio dalla Germania e dalla Francia. Si riunivano nelle taverne più malfamate intorno a Campo de Fiori, celebravano festini, che erano veri e propri rituali in nome di Bacco, loro divinità protettrice, a cui offrivano estreme libagioni. I costumi erano quelli della religione dei romani, citata con puntigliosità, ma sempre con il gusto del gioco. I passaggi per l’ammissione a questa confraternita passavano in primo luogo da una disponibilità sbalorditiva al bere e a darsi ai bagordi. Eppure, questa è solo una faccia della medaglia: le opere di queste artisti ebbero immediato successo, venivano ricercate, erano immediatamente rispondenti a ciò che le persone vedevano nella Città, assai poco eterna, nelle loro rappresentazioni, e più connessa all’istante, al gusto amaro della vita che da un secondo all’altro può cessare, rapita come tutti sapevano, da un crudo morbo, ma anche da un affondi ben assestato di coltello, dopo una lite per una partita di pallacorda, come ben sapeva Ranuccio Tomassoni, perito sotto i colpi di Caravaggio. Insomma nella notte solo di rado rischiarata da fiaccole, dove i malcantoni accoglievano risse, grassazioni, prostitute di ogni sesso, si celebrava l’inesausto canto della notte, in cui l’esistenza era sentita come precaria, affidata a un filo, sospesa a uno sbuffo di vento. Ghiaccio bollente, giocando con il titolo di una canzone pop di Tony Dallara, narra quindi di artisti nordici incendiati da Roma agli albori del barocco, trova degli antecedenti a una linea di pittura fiamminga della realtà, di cui Luc Tuymans, è massimo esponente, in figure straordinarie come Dirk van Baburen, che forse si raffigurò in autoritratto in un mirabile Pan con la siringa, celebrazione delle forze vitali dell’esistenza. Gerart vant Honthorst, detto Gerardo delle Notti, illuminava di lampi improvvisi scene di taverna, con in primo piano bevitori dalle gote lustre, cantatrici o cortigiane, con liutisti e chitarristi che intonavano madrigali altrettanto celebratori della precarietà. Siamo quindi dalle parti dei Bassifondi del barocco, come titolava una notevolissima mostra del 2015 curata da Annick Lemoine e Francesca Cappelletti, in scena a Villa Medici a Roma e poi al Petit Palais a Parigi. La miseria, la debauche lampeggiano nelle opere che hanno i soggetti più sorprendenti. Simon Vouet ritrae magistralmente un giovane castrato o un cortigiano ermafrodito (ricercatissimo come la favolosa Zufolina, spia al servizio di Caterina de Medici, di cui Pietro Aretino celebrava con infoiati ditirambi i talenti erotici), che indossa abito femminile e reca nella mano sinistra due fichi, mostrati come simbolo, sembra, della propria attività. Se qualcuno, per troppo vino, si addormenta alla taverna, subito c’è pronta una mano che gli toglie la sedia da sotto, lo scherzo, di natura pesante, aggressiva, è sempre all’ordine del giorno. Non mancano i comici dell’arte, ambasciatori di una teatralità infera, che porta in scena il corpo nei suoi estremi. Su tutti trionfa Pieter van Laer, detto il Bamboccio, per il suo corpo sgraziato, che era oste e pittore della realtà, bambocciate, con spregio, vennero dette le sue visioni di poveri e festaioli, e bamboccianti i suoi discepoli. Nel suo sorriso storto si dà la chiave di un episodio fascinoso e spesso poco frequentato delle vicende di incontro e scontro tra Nord e Sud ai tempi del Barocco.
Luca Scarlini è nato a Firenze nel 1966, si occupa di saggistica, drammaturgia e letteratura comparata. Apprezzato storyteller in scena spesso insieme a cantanti, attori e anche in veste di interprete, insegna all’Accademia di Brera e in altre istituzioni italiane e straniere; collabora con numerosi teatri e festival in Italia e all’estero e con Radio3. Tra i suoi libri: La musa inquietante, Raffaello Cortina, Equivoci e miraggi, Rizzoli, Lustrini per il regno dei cieli, Bollati Boringhieri, Siviero contro Hitler. La battaglia per l’arte, Skira. Scrive regolarmente su Alias del Manifesto e su L’Indice dei Libri.