Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Antonio Cervasio – Uova alla Coque
Nella terza personale in Romberg, atto finale di una trilogia avviata con Vado al letto presto [2014] e ampliata dalla parentesi sperimentale di Lavagne [2016], l’artista campano evoca l’importanza di captare la vastità contenuta nell’attimo particolare.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Romberg Arte Contemporanea presenta il quarto appuntamento all'interno della rassegna "Carte d'identità".
«Nessuno si rendeva conto che, risparmiando tempo,
in verità risparmiava tutt’altro. Nessuno voleva ammettere
che la sua vita diventava sempre più povera.»
(Michael Ende, Momo)
Quale scarto temporale distanzia la manifestazione della bellezza implicita dalla consapevolezza d’averla perduta? Un secondo è sufficiente, ci riferisce Antonio Cervasio: l’istante che vale la perfetta cottura di un uovo alla coque. Nella terza personale in Romberg, atto finale di una trilogia avviata con Vado al letto presto [2014] e ampliata dalla parentesi sperimentale di Lavagne [2016], l’artista campano evoca l’importanza di captare la vastità contenuta nell’attimo particolare: la prontezza cauta che smaglia l’orizzontalità del tempo della vita consentendo di indovinarne i dettagli obliqui, le discrepanze, i valori sottintesi, gli attori inosservati, le regioni occulte, nella e per la sottigliezza di una profondità di sguardo che, come un bacillo inoculato nella retina, commuove chi, sia pure avendo acquisito schemi interpretativi unilaterali, categorie concettuali “impermeabili” a scapito di quel pensiero divergente, fluido, perifrastico che generalmente viene rimandato al fantasticare dell’infanzia, seguita a sorprendersi di un’esistenza praticabile unicamente per sottrazione. Che non è consequenzialità, non ha luogo, volume, né movimento.
Attraverso dieci tele di medie e grandi dimensioni, avvicinate in un allestimento radicalmente lineare che le definisce come variazioni monotipiche di un medesimo tema, l’inconciliabile dualismo di argomento di ragione e verità soprarazionale diviene un esperimento adulto. Un gioco serio, drammatico, ora avviluppato in un linguaggio “di coscienza” che torna all’elementarità di espedienti figurativi comunemente avvertiti come primari - stilizzazioni, reiterazioni, combinazioni incongrue, mezzetinte e sproporzioni - e coniato per una speciale sensazione di disvelamento identitario che ad Antonio ispira affabulazioni sospese, bisticci di segni, metafore “di uso domestico”, regressioni inconsulte, slittamenti di particolare in particolare: un novellare continuo – dagli episodi “inconcludenti”, nel senso non che vanno a vuoto bensì che lasciano il discorso al modo indefinito - in cui sempre pare rifiorire l’ideale pascoliano dello spontaneismo cognitivo del fanciullino «che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai».
E mentre una coerenza sincopata versifica la fabula di una migrazione, vigila dall’alto un lampadario acceso [l’uovo cosmico… alla coque] per vidimare quest’altra storia: epopea di perdenti e perduti, di liturgie e solstizi. Un’ode all’armonia scolata intatta nel bollore del giorno.
Et voilà! È pronto.
«Nessuno si rendeva conto che, risparmiando tempo,
in verità risparmiava tutt’altro. Nessuno voleva ammettere
che la sua vita diventava sempre più povera.»
(Michael Ende, Momo)
Quale scarto temporale distanzia la manifestazione della bellezza implicita dalla consapevolezza d’averla perduta? Un secondo è sufficiente, ci riferisce Antonio Cervasio: l’istante che vale la perfetta cottura di un uovo alla coque. Nella terza personale in Romberg, atto finale di una trilogia avviata con Vado al letto presto [2014] e ampliata dalla parentesi sperimentale di Lavagne [2016], l’artista campano evoca l’importanza di captare la vastità contenuta nell’attimo particolare: la prontezza cauta che smaglia l’orizzontalità del tempo della vita consentendo di indovinarne i dettagli obliqui, le discrepanze, i valori sottintesi, gli attori inosservati, le regioni occulte, nella e per la sottigliezza di una profondità di sguardo che, come un bacillo inoculato nella retina, commuove chi, sia pure avendo acquisito schemi interpretativi unilaterali, categorie concettuali “impermeabili” a scapito di quel pensiero divergente, fluido, perifrastico che generalmente viene rimandato al fantasticare dell’infanzia, seguita a sorprendersi di un’esistenza praticabile unicamente per sottrazione. Che non è consequenzialità, non ha luogo, volume, né movimento.
Attraverso dieci tele di medie e grandi dimensioni, avvicinate in un allestimento radicalmente lineare che le definisce come variazioni monotipiche di un medesimo tema, l’inconciliabile dualismo di argomento di ragione e verità soprarazionale diviene un esperimento adulto. Un gioco serio, drammatico, ora avviluppato in un linguaggio “di coscienza” che torna all’elementarità di espedienti figurativi comunemente avvertiti come primari - stilizzazioni, reiterazioni, combinazioni incongrue, mezzetinte e sproporzioni - e coniato per una speciale sensazione di disvelamento identitario che ad Antonio ispira affabulazioni sospese, bisticci di segni, metafore “di uso domestico”, regressioni inconsulte, slittamenti di particolare in particolare: un novellare continuo – dagli episodi “inconcludenti”, nel senso non che vanno a vuoto bensì che lasciano il discorso al modo indefinito - in cui sempre pare rifiorire l’ideale pascoliano dello spontaneismo cognitivo del fanciullino «che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai».
E mentre una coerenza sincopata versifica la fabula di una migrazione, vigila dall’alto un lampadario acceso [l’uovo cosmico… alla coque] per vidimare quest’altra storia: epopea di perdenti e perduti, di liturgie e solstizi. Un’ode all’armonia scolata intatta nel bollore del giorno.
Et voilà! È pronto.
14
dicembre 2019
Antonio Cervasio – Uova alla Coque
Dal 14 dicembre 2019 all'undici gennaio 2020
arte contemporanea
Location
ROMBERG ARTE CONTEMPORANEA
Latina, Viale Le Corbusier, (Latina)
Latina, Viale Le Corbusier, (Latina)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 16 - 19:30
Vernissage
14 Dicembre 2019, h 17 - 21
Sito web
Ufficio stampa
Romberg
Autore
Curatore
Autore testo critico
Progetto grafico