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Tre anni di lavori, per dare una nuova luce a Palazzo Reali di Lugano, la nuova sede del MASI – Museo d’Arte della Svizzera Italiana, ufficialmente inaugurata il 13 dicembre 2019, con una tre giorni di eventi, laboratori, performance e attività aperte al pubblico e alle famiglie. Perché uno degli obiettivi di questo progetto era intessere un più fitto dialogo tra il Museo e la città.
I lavori di ristrutturazione di Palazzo Reali, condotti dall’Amministrazione cantonale su progetto dell’architetto Piero Conconi, hanno interessato gli spazi amministrativi, gli impianti d’illuminazione e di climatizzazione e la grande vetrata a pianterreno. Che, insieme all’ apertura su via Canova, precedentemente oscurata, contribuirà non solo a illuminare le sale ma anche a proseguire idealmente il paesaggio esterno. All’interno della dimora storica, di proprietà del Cantone Ticino fin dal 1956, sono stati distribuiti su tre piani gli uffici, le sale espositive, un atelier creativo, un laboratorio di restauro, una biblioteca.
«Dopo un trentennio di attività, l’adeguamento degli spazi espositivi e la riorganizzazione di quelli amministrativi di Palazzo Reali erano necessari per permettere al Museo, oggi tra i più visitati della Svizzera, di continuare a garantire la sua missione istituzionale di conservazione e valorizzazione del patrimonio artistico e di proseguire con una programmazione espositiva di alto livello», ha spiegato il direttore del MASI, Tobia Bezzola.
La storia di Palazzo Reali, prima del MASI
L’origine del museo risale al 1956, quando l’ingegnere Secondo Reali donò al Cantone il complesso comprendente lo stabile di Palazzo Reali ma per la messa in opera sarebbe stato necessario aspettare il 1979. Solo in quell’anno, infatti, un decreto sancì il risanamento e l’adattamento degli stabili e assicurava al futuro Museo Cantonale d’Arte il relativo finanziamento per iniziare a definire i contenuti, l’impostazione museografica, i dettagli architettonici e l’individuazione delle opere.
I primi grandi lavori svolti nell’edificio di Palazzo Reali per adeguarlo alla sua nuova destinazione museale risalgono agli anni ‘80 del Novecento, su progetto dell’architetto Gianfranco Rossi, che cercò di salvaguardare il profilo storico e architettonico dell’edificio, facendo sì che la struttura potesse soddisfare le esigenze di un istituto museale. Le ricerche misero in luce un corpo cinquecentesco, con tanto di data, 1561, manomesso però venne in più momenti, nel corso della sua lunga storia.
Il Museo Cantonale d’Arte inaugurò ufficialmente nel 1987 e, dopo un trentennio di attività, nel 2017 il Gran Consiglio ha approvato il progetto di ristrutturazione e riqualificazione di Palazzo Reali, allo scopo di permettere al Museo, diventato MASI – Museo d’arte della Svizzera italiana dal 2015, di continuare la sua missione istituzionale. Dalla sua apertura, fino al 2015, prima della nascita del MASI, Palazzo Reali ha ospitato quasi 120 mostre, oltre 200 conferenze e convegni e ha accolto circa 600mila visitatori.
«Poter lavorare e confrontarsi con il tema museale è un’esperienza arricchente e una sfida affascinante, anche se gli interventi previsti implicavano pensieri e modalità puntuali. L’illuminazione vetusta è stata interamente riprogettata con un impianto adatto e modulabile alle nuove esigenze espositive. Abbiamo liberato gli spazi espositivi da ingombranti apparecchi di climatizzazione. Nei nostri interventi abbiamo scelto di non interferire tra le pareti bianche delle sale e le opere esposte e abbiamo lavorato nel rispetto del restauro realizzato dall’architetto Gianfranco Rossi», ha spiegato Conconi.
Il nuovo allestimento del MASI
L’allestimento della collezione permanente, curato da Cristina Sonderegger, si sviluppa sui tre piani espositivi. Il percorso inizia dalla storia del MASI, attraverso documenti audiovisivi provenienti dagli archivi della Radiotelevisione svizzera e presentando una selezione di opere significative della raccolta, raggruppate per autore, per nuclei tematici, periodi storici e correnti artistiche.
La pittura di ritratto nell’Ottocento, il Simbolismo e il Divisionismo, con artisti come Ferdinand Hodle, Gaetano Previati e Umberto Boccioni, il ritorno all’ordine degli anni ‘20, con Achille Funi, Carlo Carrà e Mario Sironi, la fotografia, con Lux Feininger, Florence Henri e Xanti Schawinsky, i linguaggi non figurativi di Jean Arp, Sophie Täuber-Arp e Fritz Glarner. Sono solo alcuni degli approfondimenti che scandiscono il percorso espositivo. L’allestimento ha inoltre portato alla luce l’intervento a parete di Niele Toroni, Impronte di pennello n. 50 ripetute a intervalli regolari, realizzato per l’apertura al pubblico del Museo Cantonale d’Arte nel 1987 e restaurato per l’occasione.
E le prossime mostre temporanee? Nel 2020, verranno presentate le fotografie del duo Harry Shunk & János Kender, apertura il primo marzo, e di Vicenzo Vicari, dal 30 agosto. Verranno ospitati inoltre vincitori del concorso Bally Artist of the Year Award e del Prix Manor Ticino.