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Fermarsi ad ammirare con la dovuta calma un’opera d’arte. E, senza rendersene conto, ritrovarsi seduti, occupando un elemento nuovo, che riassume in sé arte e design. Per esempio, può accadere che, apprezzando le opere esposte nella Casa Museo Boschi Di Stefano, ci si accomodi su La Marie di Philippe Starck. Una presenza non casuale: la sua trasparenza non impatta con l’arte intorno, anzi se ne fa tramite, amalgamandosi. Questa tangibile simbiosi è resa possibile dall’iniziativa Muse Dialoganti – 10 sedute per 10 musei, che ha visto otto aziende di design donare una (o più) sedute a dieci musei milanesi. Il progetto, promosso e curato dall’Associazione MuseoCity, con la collaborazione dello studio Palomba Serafini Associati, ha visto la partecipazione di aziende come Baxter, Cappellini, Cassina, Giorgetti, Horm Italia, Kartell, Molteni & C. e Moroso.
Perdersi nell’opera, insieme alle Muse Dialoganti
«Ai direttori di dieci musei abbiamo chiesto in quale sala e davanti a quale opera avrebbero desiderato offrire un momento di riposo e di contemplazione ai visitatori dei loro spazi.
La sensibilità e la cultura di Ludovica Serafini e Roberto Palomba, con il sostegno del nostro Comitato Scientifico e del Consiglio direttivo, hanno portato alla scelta di dieci sedute: ognuna possiede una sua personalità ben precisa, ma sempre capace di armonizzarsi con l’ambiente circostante e di dialogare perfettamente con le opere d’arte nelle sale prescelte», ci raccontatava Maria Grazia Mazzocchi, presidente dell’Associazione MuseoCity, in una nostra intervista sul progetto delle Muse Dialoganti.
«Stiamo parlando di perdersi nell’opera – ha affermato Roberto Palomba, architetto e designer dello studio Palomba Serafini Associati – cioè di interagire con l’arte quasi dimenticando la nostra fisicità senza la distrazione data dalla fatica della lunga sosta in piedi».
E allora non poteva esserci seduta più adatta della Superleggera di Gio Ponti per prendere posto nel Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci. Un modo per omaggiare il genio di Leonardo nei 500 anni dalla sua morte e la poliedricità dell’architetto milanese, che ha unito leggerezza e indistruttibilità.