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Inaugurata lo scorso 24 ottobre negli spazi della GABA.MC – Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Macerata, la mostra “Space Transformer” accende un riflettore sul lavoro di Marina Paris (Sassoferrato, 1965) attraverso un percorso espositivo a ritroso che, dai lavori più recenti fino a quelli storici, ripercorre le tappe fondamentali di una ricerca – si legge nelle puntuali parole del curatore Antonello Tolve – centrata «sullo spazio, rielaborato in quanto esser-cosa coinvolgente e assorbente».
Le categorie di spazio e tempo, per Marina Paris
Focalizzando l’attenzione sui cicli maturati dall’artista nell’ultimo decennio, l’esposizione prende per mano lo spettatore e lo introduce a un modus operandi che fagocita, modella e trasforma le linee architettoniche (quelle presenti nelle opere e quelle degli spazi in cui le stesse opere vengono posizionate) e a un modus cogitandi che insiste sull’inestricabile interrelazione tra le categorie di spazio e di tempo.
È questo il caso, ad esempio, del triplice corpo di lavori posti all’interno della prima sala, maturati a partire da una riflessione sulla cartolina intesa come frammento di spazio che viaggia nel mondo. Immediatamente lo sguardo inciampa in Un ricordo e un democratico saluto: un’operazione di ingigantimento del supporto originale che, unita all’incisione su marmo, rende possibile la trasformazione del momento in monumento solenne e durevole. Completano la sala ventidue opere di piccolo formato (tredici a colori e nove in bianco e nero), dove, come nel caso di Oceano Indiano, West coast, Confine iraniano, o ancora, Messico, India, Fiume dell’Amazzonia e Africa, l’azione documentativa di matrice archivistica si fonde agilmente a una investigazione sul confine geografico.
Ad accogliere gli spettatori nella seconda sala, cinque opere legate al ciclo Under construction, un progetto composto da tredici scatti avviato nel 2014 grazie alle sorelle Silvia e Ilaria Venturini Fendi, e dedicato – nota ancora Tolve – alla «riconsiderazione della storia luogale, della sua identità e della sua memoria fatta di tracce sociali». Le immagini, difatti, mostrando lo stato di abbandono dei Casali del Pino, lasciano affiorare in superficie lo scorrere inesorabile del tempo, le orme del passaggio umano e l’azione inarrestabile di una natura assorbente che lentamente si riappropria di quanto le è stato tolto.
La cura del materiale
A traghettare il pubblico verso la sala conclusiva, una varietà di collage, disegni e tecniche miste su carta realizzate tra il 2013 e il 2015, che sottolineano la cura dell’artista per il manuale e per il materiale, mostrando di volta in volta una progettualità tanto decisa quanto precisa.
Una particolare illuminazione, infine, unita alla riproduzione continua di un file sonoro, attira lo spettatore verso l’ultima sala espositiva, quasi interamente occupata (fatta eccezione per LW., unica rappresentazione antropomorfa presente) da Less than five minutes: un’animazione video del 2009 che crea cortocircuiti visivi e, insistendo sullo sfondamento e sul ribaltamento dello spazio, disorienta volutamente lo sguardo.
Visitabile per tutto il periodo natalizio presso la Galleria dell’Accademia di Belle Arti di Macerata e fino al prossimo 12 gennaio, la mostra di Marina Paris non solo presenta il luminoso lavoro di un’artista legata al territorio dalle proprie origini, ma riafferma anche l’impostazione dichiaratamente formativa del palinsesto espositivo: non a caso, difatti, l’artista è stata protagonista dei Giovedì colorati, l’appuntamento a cadenza trimestrale dell’Accademia di Belle Arti di Macerata pensato per offrire agli studenti la possibilità di incontrare, ascoltare e confrontarsi con i protagonisti indiscussi della scena artistica contemporanea.